24 luglio 2007

Piromani o paranoici?

Le notizie che giungono dal Gargano sembrano provenire da un altro pianeta, da un paese del terzo mondo. E sono pure, in parte, false.
Secondo il responsabile della Protezione Civile – Bertolaso – “tutti roghi sono opera di piromani” e tutto ciò che poteva essere attivato è stato utilizzato, sempre secondo Bertolaso: per chi sta dietro il teleschermo, sembrano verità inconfutabili.
Alle 19 del 24 luglio – mentre i telegiornali impazzano sull’onda dell’apocalisse garganica – alzo la cornetta e chiamo un conoscente, il quale gestisce proprio una struttura turistica fra Peschici e Vieste.
Mi rassicura subito: la tragedia è a Peschici, mentre sul litorale fra Peschici e Vieste la situazione è sotto controllo. Però.
Le fiamme, quella stessa mattina, hanno lambito il suo residence, fino a pochi metri dall’ingresso: personale e turisti si sono subito organizzati con lance d’acqua e catene di secchi. Il pericolo è stato scongiurato.
Piromani? No, lo sento sorridere al telefono, al massimo qualche vecchio contadino che, con leggerezza, ha dato fuoco alle sterpaglie e ne ha perduto il controllo. D’altro canto: perché mai dare fuoco alle uniche strutture che portano ricchezza da quelle parti? Chi non è albergatore vende olio, verdure, pane e formaggi ai turisti, chi non vende fa il ristoratore, affitta natanti. Insomma, è difficile credere che si diano una simile zappa sui piedi, soprattutto se conosci quelle persone e sai che si giocano l’annata sul turismo dei mesi estivi. Non cerchiamo verità fantascientifiche.
Gli domando quali sono le condizioni atmosferiche: 43 gradi con forte vento, secco, di scirocco.
Inizio a meditare, a ricordare le sterpaglie dove solo un paio di mesi fa ci siamo recati a raccogliere capperi: erba secca già a maggio, inframmezzata da rocce aride e, purtroppo, parecchia sporcizia. Lattine e vetri non sono certo incontri inusuali.
In quelle condizioni, rifletto, basta un pezzo di vetro fra l’erba secca e l’incendio è assicurato. Quasi a confortare le mie ipotesi, mi racconta che – dopo aver spento le fiamme più vicine al residence – avevano iniziato a controllare il terreno circostante, allargando il raggio d’azione.
La cosa che lo aveva sorpreso, era stato constatare che – in un vicino prato con radi ulivi – le fiamme parevano scaturire dalla terra stessa. Improvvisamente, mentre camminavi, vedevi del fumo e subito dopo le fiamme alzarsi. Così, dal nulla.
Sono riusciti a risolvere la faccenda correndo per ore con i secchi, per spegnere all’istante i misteriosi fuochi che parevano sfuggire da sotterra. Notiamo: non c’erano piromani né incendi nelle vicinanze.
Probabilmente, e questo è un dato che non viene mai preso in considerazione, bisognerebbe valutare attentamente il grado d’umidità del terreno. L’unica Agenzia di protezione Ambientale che lo pubblica – e del quale sono a conoscenza – è quella dell’Emilia Romagna. Se si osservano i dati delle scorse estati, in molte aree dell’Emilia Romagna quel dato è giunto a livelli africani: e l’Emilia non è mica la Puglia, con lo scirocco a 43 gradi!
Forse, dovremmo iniziare a comprendere che è ora di finirla con le diatribe sul mutamento climatico – se sia colpa dell’uomo oppure no, dei combustibili fossili o del riscaldamento del cosmo – e prendere dei provvedimenti: un terzo dell’Italia sta per diventare un deserto e noi non facciamo niente?!?
I soccorsi, però, sono giunti tempestivamente: così hanno raccontato i TG. Conferma: sì, tempestivamente: i primi elicotteri sono giunti a Peschici alle 13.30, quando la tragedia era già abbondantemente avvenuta e c’erano già stati i morti. Quando hanno sentito i primi elicotteri volare, a Peschici la gente era a mollo, in acqua, sperando di non morire asfissiata.
Nessun Canadair: in tutto il Sud, mi racconta, ce ne sono 4 più altri quattro fermi ai lavori di manutenzione. La linea di produzione dei Canadair è stata chiusa già da decenni: i russi avevano proposto l’acquisto del loro velivolo antincendio, ma non se n’è fatto nulla.
Quando le fiamme giungeranno alla Piazza di Monte Citorio, probabilmente, qualcuno s’accorgerà che stiamo andando arrosto. Continuiamo così, avanti Savoia!

23 luglio 2007

Onore a te, Dragan Cigan

La notizia commuove perché, dopo l’odio che viene gettato addosso agli extracomunitari, su una spiaggia di Jesolo solo due extracomunitari – un serbo bosniaco ed un marocchino – si gettano in acqua per salvare un bambino italiano.
Sarebbe una storia a lieto fine se Dragan ce l’avesse fatta a raggiungere la riva ma, dopo aver tratto in salvo i due bambini di Treviso, la corrente del Piave, alla foce, lo trascina via. Il marocchino, con le ultime forze, riesce a raggiungere la spiaggia. Intorno, italiani che non fanno niente, che non si gettano in acqua, che appena aiutano il marocchino ad uscire dall’acqua.
La famiglia dei due bambini s’allontana dalla spiaggia senza nemmeno salutare la famiglia del salvatore che, attonita, trepida per la sorte del congiunto. Verrà ritrovato, cadavere, dopo molte ore. I genitori dei bambini salvati dovranno cercarli i Carabinieri.
Questa storia mi tocca personalmente e mi fa soffrire per tanti motivi, universali e personali.
Nel 1964 – avevo 13 anni – persi il mio fratellino di 4 anni sulla spiaggia di Jesolo. Tanta gente, confusione – eravamo appena arrivati, stanchi, dal Piemonte – e la zazzera rossa di mio fratello non c’è più. Non immaginate il terrore che si prova: s’espande nella pancia e non ti lascia più vivere.
Nel campeggio eravamo 3 tende d’italiani e circa 500 di tedeschi: in pochi minuti, decine di persone di più nazionalità si diramavano in tutte le direzioni per cercarlo. Lo trovai per caso proprio io, alle sette di sera: s’era intrufolato in una zona militare, piangeva accoccolato a terra con una raccolta di bossoli nei palmi delle mani. Fummo tutti felici, tedeschi, danesi, italiani, francesi…e, ancora a tarda sera, c’era la processione alla nostra tenda per salutare il “redivivo”.
Due anni più tardi, c’era una violenta mareggiata e il mare, in quei frangenti, è traditore. Bello, però, gettarsi sulle onde alte due e più metri. Una ragazza tedesca si getta ma sbaglia il tempo, sbatte la classica “panciata”, ma contro la sabbia, e rimane tramortita dal colpo. Ci gettiamo in due, mezzi vestiti, e riusciamo a raggiungerla prima che la corrente la trascini via: se la cavò con un grosso spavento. Noi, la sera, ce la dovemmo cavare con una sfilza di birre.
Come ci si può allontanare da chi si è sacrificato per salvare la vita dei tuoi figli? Dove stiamo andando? Un genitore al quale salvano un figlio s’inginocchia ai piedi del salvatore, lo acclama, gli offre qualsiasi cosa. Questo avveniva ed avviene in tutte le culture, da sempre.Chi siamo, per giungere a tanto? Cosa stiamo diventando? Se smarriamo la naturale solidarietà fra esseri umani – cosa che Dragan aveva innata, come tutti dovremmo avere – per noi non c’è futuro. Potremo anche accumulare oro, denari, gioielli e potere ma finiremo poveri e disgraziati, uccisi nel cuore e nello spirito.