27 marzo 2013

Catena di comando? E quale?


Adesso si dimettono anche i ministri. Va beh... “met’al an sla fnestra” (posalo sulla finestra) diceva mia madre, ricordando i cantori erranti che giungevano per Natale e per Pasqua a porgere gli auguri (in cambio d’elemosina) e dei quali era difficile scorgere chi fosse il più povero, se gli “auguranti” o gli “augurati”.

Così accogliamo le dimissioni del Ministro Terzi di Sant’Agata (complimenti per il nome, se Villaggio facesse ancora Fantozzi lo userebbe di sicuro) non sappiamo se considerarlo un atto dovuto, una libertà dell’ingegno oppure una vigliaccata del solito furbetto di turno. Fate voi.

Aspettiamo il seguito: vale a dire gli altri che si devono dimettere, dopo il clamoroso fallimento di questo governo “tecnico” tenuto in piedi dal FMI e compagnia cantante. Ma torniamo in argomento.



Da quando mondo è mondo, se le acque non sono sicure, si scortano le navi. Prima dell’Ottocento era difficile scorgere delle differenze: le navi mercantili portavano cannoni a bordo e le navi militari, in tempo di pace, erano parzialmente disarmate ed usate per il commercio. Questo avveniva in un mondo nel quale l’armamento navale era costituito per lo più da cannoni su ruote (carronate): difficile, oggi, montare e smontare un sistema lanciamissili.

Una curiosità: nell’URSS vigeva ancora l’antica commistione, al punto che le navi mercantili per il trasporto d’autoveicoli (Ro-Ro) erano dotate di un ulteriore compartimento a poppa, allagabile, per sollevare la prua e poter, così, “consegnare” su una costa ostile una manciata di carri armati. Per quel che ne so, è l’ultima nazione ad aver usato quel sistema: forse la Cina o la Corea del Nord lo usano ancora oggi, ma non sono al corrente se capita.



Ancora nell’Ottocento, il giovane Tenente Carlo Pellion di Persano (il futuro comandante di Lissa) diresse un brulotto (scialuppa incendiaria) contro una nave pirata nel porto di Tripoli, riuscendo a salvare la pelle, giacché era un tipo d’assalto nel quale non s’invecchiava. Era il 1825.

Con la fine dell’Ottocento la pirateria (insieme alla schiavitù, fenomeni assai contigui) perse di significato e quasi cessò: le uniche aree dove continuò una sorta di “pirateria dei poveri” fu la Malacca dove – a causa degli stretti passaggi e dei fondali bassi – era favorita. Era in ogni modo una pirateria conosciuta e quasi tollerata, giacché quel che volevano era un po’ di greggio o di gasolio.

Le coste mediterranee della Turchia, invece, furono il teatro di (rari) episodi di pirateria nei confronti delle imbarcazioni da diporto: altri episodi accaduti casualmente in altri luoghi furono fenomeni di pura criminalità.



Oggi – per molte cause, che necessiterebbero di un articolo ad hoc per essere indagate – la pirateria è ripresa soprattutto nel Corno d’Africa, anche in conseguenza dello sfacelo lasciato dagli italiani in Somalia: siamo bravissimi ad esportare la nostra corruzione ed il nostro malaffare (vedi anche l’Albania).

Come difendersi?



Logica direbbe che si tornasse a scortare le navi in convoglio con naviglio militare – ma costa troppo – e quindi bisogna arrangiarsi con quel che c’è.

Così, il ministro della Difesa La Russa inaugurò questo strano modo di difendere le navi: imbarcare i Fucilieri di Marina sulle navi mercantili. Crediamo (e lo dimostreremo) che il ministro La Russa – se è stato Ufficiale di Complemento – fu un pessimo Ufficiale: può aver avuto tutti gli encomi o le decorazioni del caso, ma la scelta operata con l’imbarco dei fucilieri sulle navi mercantili è una scelta stupida, che connota senz’altro di stupidità chi l’ha presa. Scusate la franchezza.



A chi rispondono i Fucilieri di Marina? Siccome sono dei militari di truppa, l’apposita legge li ha nominati ufficiali di polizia giudiziaria ed agenti di polizia giudiziaria (secondo il grado rivestito): riteniamo che Latorre e Girone fossero dei semplici agenti di polizia giudiziaria ai quali era stato affidato il compito di proteggere la Enrica Leixe. Chi li comandava?

In teoria un superiore – magari a Gibuti o a Mogadiscio – ma, nel momento della decisione di far fuoco, praticamente erano soli.

Va detto che i due hanno sbagliato anche le procedure: nessuno ha sentito parlare di colpi in aria? Soprattutto in una zona che, finora, non aveva dato segnali di pericolosità?



La questione delle acque territoriali – al fine di valutare le responsabilità – ha poco interesse: da essa dipende solo il Tribunale che li giudicherà, non la valutazione dell’accaduto.

Piuttosto, sarebbe interessante indagare sui rapporti esistenti a bordo della nave fra i due e gli Ufficiali di Marina Mercantile presenti: il Comandante, su una nave, ha poteri di questore e, quindi, ha ampia discrezionalità (se gli viene riconosciuta).

Ma così non è stato perché la Legge 107 non prevede una sorta di coinvolgimento esterno alle strutture militari:

“Il personale militare componente i nuclei di cui al comma 1 opera in conformità alle direttive e alle regole di ingaggio emanate dal Ministero della Difesa.” (1)


E stop.

Qui è stato l’errore: almeno, il principale dal quale altri ne sono discesi.

I due poveri fucilieri, al momento di prendere la ferale decisione – se premere oppure no il grilletto – furono lasciati soli: questo non giustifica assolutamente l’accoglienza seguita in Patria. Latorre e Girone sono colpevoli – fuor di dubbio – e come tali una maggior sobrietà da parte di tutti – anche le supreme istituzioni – sarebbe stata d’uopo.

Perché furono lasciati soli? (non riteniamo un superiore a 5.000 miglia di distanza una “presenza” autorevole).



Miglior soluzione sarebbe stata quella d’affidare il comando (e quindi il fatidico “spara”) al Comandante mercantile, che non è mai (salvo Schettino) l’ultimo idiota che va per mare.

Ma la Marina non vuole cedere ambiti o restrizioni nella sua catena C3 (Comando, Controllo e Comunicazione) e pretende di sapere – da 5.000 chilometri di distanza – chi sono gli occupanti di un peschereccio.

Il Comandante mercantile – tagliato fuori da tutto – s’è guardato bene dall’intervenire: se non mi vogliono, perché devo occuparmene? Qui è l’errore di La Russa.



Se avesse avuto parola in merito, forse avrebbe rammentato che ovunque – in mare – i pescherecci cercano di vendere il pescato alle navi in transito, per due sostanziali motivi: spuntare un prezzo migliore e, secondo, evitare la fiscalità una volta a terra.

Quanti lo fanno: in Portogallo, le navi si sintonizzano su Matosiňo Radio Pesca per intercettare le comunicazioni ai pescherecci e, quindi, sapere dove c’è stata pesca abbondante (e, dunque, prezzi minori).

Gli indiani s’avvicinavano soltanto per quella ragione – ora è stato acclarato – e si sono visti sparare addosso senza un perché: è giusto farsene carico ma, come sempre, nell’inferno giuridico italiota si cerca sempre di far pagare gli ultimi nella catena di comando.

Eppure, è molto strano che siano imbarcati dei militari su una nave mercantile – trasformandola, giuridicamente, in una nave da guerra – senza che vi sia qualcuno, a bordo, che abbia la responsabilità di comando. Lasciata a due militari di truppa?

 
L’Italia poteva rifiutarsi di consegnare i due all’India, fregandosene della parola data, in quanto l’India è un Paese dove vige la pena di morte, ed il nostro ordinamento vieta di consegnare chiunque in quei Paesi. Ma ci siamo accontentati di una “rassicurazione” verbale – forse scritta – un “pizzino”, al solito.

 
Ora, dopo il gran casino e le pessime figure rimediate, non rimane che attendere gli eventi: non c’è altro da fare. Per fortuna di Girone e Latorre la pena di morte in India viene comminata solo in casi rarissimi di strage, e non per un omicidio preterintenzionale.

In ogni caso, saranno condannati e la condanna non sarà lieve: d’altro canto – pur in una situazione intricatissima – hanno sbagliato, ammazzando due poveri pescatori. E chi sbaglia paga: sparando in aria non si fanno morti, lo rammentino.



(1) http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2011-07-12;107~art5



20 marzo 2013

Un casino pazzesco


Hanno avuto proprio una bella idea, dalle parti di Berlino, a “proporre” a Cipro il prelievo forzoso: una vera pensata da grandi strateghi geopolitici, dei Machiavelli della finanza e dei Metternich della strategia.

E – pesce in barile – non hanno nemmeno cercato di coprire il fattaccio con la classica foglia di fico…ce lo chiede l’Europa, il patto di stabilità, altre facezie del genere che richiamino l’Europa…no, qui è la Germania a fare le grandi manovre del dominio europeo, come ebbe a dire Kohl:


Fino al 1991 abbiamo lavorato per europeizzare la Germania, ora è il momento di germanizzare l’Europa”.


Riprendendo un vecchio adagio del Ministro degli Esteri tedesco Kinkel, ai tempi delle guerre in Jugoslavia:


“…interno, dobbiamo tornare ad essere una nazione, verso l’esterno, è realizzare qualcosa che abbiamo fallito due volte (sic!) (N. d. A): coerentemente con i nostri vicini, per trovare un ruolo che si adatta alle nostre esigenze ed al nostro potenziale. Il ritorno alla normalità in casa e fuori corrisponde a un desiderio profondo del nostro popolo dopo la fine della guerra. Ora è necessario, se vogliamo essere rispettati nella comunità internazionale…


Non mi pare che servano commenti.


Il fatto, ben noto, è che Cipro è una specie di paradiso fiscale usato soprattutto dai russi, al punto che Limassol viene chiamata, per celia, Limassolgrad.

Così, i correntisti (russi) delle banche cipriote dovrebbero “rimpinguare” le casse dello Stato per i cervellotici conti “europei”. Calcolati a Berlino.

Il problema, dunque…che dovrebbero capire dalle parti di Bruxelles e di Berlino…è che la Russia non è il Portogallo, l’Italia, la Spagna…insomma, i vari “PIIGS” tanto stroncati dai tedeschi. La Russia ha sempre il rubinetto dell’energia: anzi, sta seduta proprio dove c’è una diramazione del condotto.

Una porta in Europa, l’altra verso la Cina. Ahi, ahi, ahi…un “rubinetto” che ha fatto saltare le rivoluzioni “arancione” (leggi:USA & UE) in Ucraina, ed ha consentito una “mazzolata” in Georgia che non ha precedenti.


Così nasce il presupposto dell’accordo con Putin (al momento non sappiamo come e se andrà in porto) perché per i russi (leggi: Gazprom) tirare fuori qualche miliardo per le banche cipriote (soldi che, comunque perderebbero) non muove nemmeno un peluzzo sulla crapa. Il problema è un altro.


Come potrete notare dalla cartina, il giacimento a Sud di Cipro si trova pressappoco nella zone dove fu assalita la Mavi Marmara (ricordate?): sono acque internazionali, ma d’internazionale oramai – proprio per le trivellazioni petrolifere e, in secondo piano, per la pesca – esiste ben poco.

Un tempo c’erano le classiche 12 miglia delle acque territoriali (storicamente, ancor meno), poi ampliate a 24 con la zona “contigua” (all’inizio, soprattutto per la pesca, in ogni modo spesso contestata, vedi i pescherecci italiani nel Canale di Sicilia) e infine giunse il “botto” con la Convenzione ONU di Montego Bay e l’istituzione di una zona di “interesse economico esclusivo” (EEZ) di ben 200 miglia nautiche.


Aprendo una parentesi, un tempo quando eri fuori delle classiche 12 miglia potevi navigare tranquillo: adesso – chiunque – può chiederti i documenti e farti tutta una serie di rilievi tecnici sullo scafo, sulle attrezzature e sulla strumentazione, foss’anche una motovedetta croata in mezzo al mare. Il problema è: su quale legge di quale Stato si basano questi rilievi? Va beh.


Il problema è che non tutti gli Stati hanno accettato la convenzione di Montego Bay: Turchia ed Israele sono fra gli Stati (ci sono anche gli USA) che non la riconoscono.

E qui inizia il casino.

Secondo Montego Bay il giacimento cipriota è nella zona EEZ di Cipro, poiché fa fede – se il mare è interno come il Mediterraneo – la minor distanza dalle coste: il giacimento è più vicino alle coste cipriote. Ma Israele e la Turchia non hanno riconosciuto Montego Bay.


La Turchia, quindi, potrebbe non riconoscerlo perché la parte greca vorrebbe (ovviamente) tenere tutto per sé il giacimento (a scapito della parte turca), mentre per Israele il problema è più stringente: da tempo il gasdotto che arriva dall’Egitto non è più sicuro. Non c’è più Mubarak, il vecchio faraone, e sabotaggi da parte di molti gruppi guerriglieri sono all’ordine del giorno, con continue sospensioni del servizio.

Israele, quindi, contava molto sul giacimento al largo delle sue coste ma nella zona cipriota.

Ciliegina sulla torta, i rapporti fra la Turchia ed Israele non sono più “amichevoli” come un tempo – dopo la Mavi Marmara… – e vi sono, quindi, due diverse posizioni nel rivendicare il giacimento: due atteggiamenti – si noti bene – diametralmente opposti per scopi e finalità. Il primo (turco) diciamo per inghiottire il boccone, il secondo (israeliano) per sopperire ad una futura penuria interna.

Fin qui era la situazione prima della crisi: due aziende (USA ed Israele) stanno lavorando per posizionare le piattaforme d’estrazione, ma non vi sono accordi fra Stati né cessioni di diritti per l’estrazione. Sono due aziende che lavorano nel settore petrolifero e basta.
Tutti avevano fatto i conti senza l’oste…cioè…senza l’orso russo.

La Russia – come avevamo detto – è pronta ad acquistare alcune banche cipriote ma non si tratta di un “colpo” russo, bensì di una “grana” da risolvere (i soldi russi depositati a Limassol), poiché la Russia è molto impegnata nella gestione geopolitica del gas in Asia Centrale. Con il previsto “addio” degli USA allo scenario afgano, tornerà nuovamente in auge il Great Game d’inizio ‘900, che aveva tre attori: britannici, russi e cinesi.

Se consideriamo la parte anglo-americana un solo insieme, le cose non sono cambiate: sono variati – però – e di parecchio, i “pesi” dei vari attori, con le potenze del BRIC sostanzialmente in una posizione di maggior forza.

Mosca potrebbe spostare squadroni aerei a Limassol, per dissuadere eventuali altre “velleità”, ma non credo che si giungerà a tanto: la Russia, in ogni modo, ha mostrato di saper mostrare i muscoli in Georgia, ed è senz’altro pronta a farlo. Come si mossero (discretamente, per lasciare spazio alla diplomazia) le divisioni corazzate russe nel gelo dell’Inverno per la “crisi del gas” con l’Ucraina.

Tutto fa prevedere (se l’accordo andrà in porto) un successo diplomatico russo che conterrà delle opzioni per accontentare Israele sulle forniture future (la Siria?) e la Turchia con qualche compartecipazione.

Di certo, ci sarà uno sconfitto: la Germania. Scusate…l’Europa.

17 marzo 2013

Quando si diventa grandi


No, Beppe Grillo non se lo aspettava: adesso sta meditando come fare se Domineddio – dopo aver pescato un papa alla fine del mondo ed aver scelto non proprio bene, vedi le polemiche sulla dittatura che ne offuscheranno per sempre il prestigio – dovesse chiedergli, con le elezioni del prossimo Giugno, di governare il Paese.

Capita, capita: ricordate la vecchia barzelletta di Dio che scaglia un fulmine per colpire il Cremlino e, invece, prende in pieno il Vaticano? Il commento dell’Altissimo fu «Che mira di m…». Anche recentemente sembra che abbia sbagliato, con una saetta sul Cupolone.

Scherzi a parte, qui si tocca un tasto dolente e pericoloso, ovvero la “razionalità della Storia” che, da questo bel quadretto, ne esce a pezzi. A meno che, la Storia sia troppo razionale per essere compresa da esseri umani, i quali di “razionalità” ne hanno per lo meno 7 miliardi: in Italia 60 milioni, come per i Commissari Tecnici della Nazionale. E tutte diverse l’una dall’altra.



Premetto d’averlo votato, convinto che – dopo – varasse un governo col PD, magari un appoggio esterno, con la massima libertà di votare quello che gli pareva: altrimenti, ciccia. In pratica, avrebbe controllato il PD: alla prima che mi fai, ti licenzio e te ne vai. Invece.

Invece, Beppe Grillo si sente “grande” in questo momento, ed a ragione, ma bisogna stare attenti alle trappole perché l’Italia è il Paese dei trappoloni, delle imboscate, dei tradimenti: chiedetelo a Bersani, lui ne sa qualcosa.

Inoltre – visto che il PD non gli va bene – Beppe Grillo dovrebbe (o vorrebbe) conquistare la maggioranza assoluta per governare: qui, il discorso della responsabilità cambia, e temiamo che dalle parti di Grillo non si valuti a sufficienza il pericolo della completa mancanza di democrazia interna.

Nelle prime fasi la dirigenza di tipo “leninista” può anche andare, ma dopo? Non basta andare di fronte al notaio di Pegli e registrare il marchio del M5S, come se fosse un detersivo, a nome suo e del figlio Enrico. Quindi, nemmeno Casaleggio ha diritti sul M5S: sinceramente, di partiti “commerciali” ne abbiamo fin sopra i capelli.



Ieri, con la votazione su Grasso il nodo è giunto al pettine: non si può controllare un partito da S. Ilario pubblicando semplicemente un post ogni tanto. E pretendere obbedienza assoluta: se desideravano gettarsi nell’agone politico, perché Grillo e Casaleggio non si sono impegnati direttamente facendosi eleggere?

Tutto questo assomiglia molto ad un teatro di burattini diretto dall’alto – sfruttando l’inesperienza dei giovani parlamentari grillini – e c’è un “illustre” precedente sul quale non vogliamo fare accostamenti. E lo diciamo chiaro e tondo, ma qualcuno che voleva controllare tutti da Arcore già l’abbiamo visto all’opera: per favore, Grillo, non farci venire in mente roba del genere.



Non è un caso se a distanziarsi sono stati i senatori siciliani: loro, la “strana alleanza” la vedono tutti i giorni a Palermo e sperimentano che non è poi tanto male, senz’altro meglio di un governo PD-Monti-Lega come sembra appressarsi per forza di cose.

E, attenzione: è un governo che ha tutto l’aria di durare – toglietevi le pelli di salame dagli occhi – ma di continuare nella vecchia maniera: giustamente, come ha detto Grillo stesso, la P2 al potere.

Non potrà reggere per il Senato? E che ci vuole ad aggiungere ai 161 senatori di maggioranza qualche senatore della circoscrizione estero? Gli altoatesini ed i valdostani? Col vecchio sistema, tutto s’aggiusta: chi, come me, aveva votato Grillo sperando in un’inversione di tendenza è, francamente, deluso. Vanno così male le cose in Sicilia?



I pasdaran di Grillo affermano che non si deve far nulla, che il frutto cadrà da solo dall’albero…aspetta e spera che già l'ora si avvicina…ma non ragionano a fondo: per un caso fortuito la Storia ha avuto un “incidente” – ricordiamo che il successo di Grillo è maturato soprattutto nelle ultime settimane prima del voto – ed ha lasciato la Casta col sedere al vento.

Bersani (col quale non sono mai stato tenero) non è un benefattore: ha capito che non c’era altra scelta, soprattutto per l’esiguo seguito raccolto da Monti. Tutto l’apparato è contrario: da Berlusconi – che vede le sue speranze di una “copertura” giudiziaria svanire – a Monti che, prima di svanire lui stesso, spera almeno (per conto Europa) di salvare le sue riforme succiasangue a favore del sistema bancario.

Bersani – forse obtorto collo – vedeva la possibilità di “osare” quel che il partito non gli avrebbe mai concesso, ossia provare a moralizzare le vita pubblica. D’altro canto, se sgarrava, Grillo non ci metteva nulla a sfiduciarlo.



Non c’è ragione di credere che una seconda occasione così si presenti di nuovo: a Giugno (probabilmente 2014, se va in porto il progetto PD-Monti-Lega), la Casta avrà il tempo di riorganizzarsi e di prendere le dovute contromisure, come una nuova legge elettorale e nuovi partiti, fatti apposta per togliere a Grillo il sostegno. Un “grillismo” di destra, un “centrismo” senza le false lauree di Giannino, una sinistra radicale priva dei vecchi marpioni…tutto nuovo, per ingannare gli elettori.

D’altro canto, queste elezioni hanno visto sparire elettorati piuttosto consistenti – Alleanza Nazionale era un partito dal 13% e passa – dove sono finiti gli elettori?



Sul fronte sindacale, anch’esso stordito dal risultato delle elezioni, si cercano i termini di un’autocritica – per carità, la vera autocritica è ancora distante – e s’inizia a bisbigliare qualcosa:

 
Dobbiamo ancora rimanere prigionieri delle logiche di apparato che decidono per tutti o è giunto il momento di voltare pagina, se vogliamo veramente imparare qualcosa dal voto del 24-25 febbraio?” (1)

 
Beh, cari sindacati…se volete imparare qualcosa…cominciate a porvi il problema: perché, in occasione della riforma Fornero delle pensioni, indiceste solo un’ora di sciopero? Questa (ed altre) sono cose che si pagano: difatti, chi ha appoggiato Monti ha perso quasi 10 milioni di voti, mica bazzecole.



Da un parlamento di condannati siamo passati ad uno di prigionieri: logica direbbe che abbiamo fatto un passo avanti, ma è una logica sbagliata perché non si tratta delle stesse persone. Alcuni condannati sono ancora là – in primis il “re della prescrizione”, Silvio Berlusconi – mentre i prigionieri sono altra gente, dalle parti di quelli del M5S.

Non si può mettere all’indice i deputati che liberamente hanno votato Grasso, perché non era stato affibbiato loro nessun mandato dagli elettori, ma solo da Beppe Grillo. Decide tutto lui?

Bene ha fatto il coordinatore Crimi ad affermare che la decisione dell’assemblea era stata “no a Schifani”, per il resto se la vedessero come desideravano. Hanno interpretato al meglio il loro compito.

Se la democrazia digitale deve funzionare, siano indette rilevazioni fra gli iscritti per le principali questioni sul tavolo, la prima quella del governo. E’ o non è democrazia? Altrimenti, Grillo & Casaleggio iniziano ad assomigliare a Lenin & Beria.



Grillo ha poi commesso due errori marchiani appena ha vinto, non so se sia così sprovveduto o così furbo: era il caso di “rassicurare” qualcuno? Perché scagliarsi lancia in resta contro i dipendenti pubblici con un folle post (2), nel quale confondeva reddito di cittadinanza, statali, pensioni e assegni di disoccupazione?

Gli statali messi insieme a quelli “che hanno attraversato la crisi iniziata dal 2008 più o meno indenni”…ma Grillo, lo sai quanto ha perso negli ultimi anni uno statale?

Forse ti riferivi alla Casta ed al suo milione di propinqui e parentes: lo sai che gli stipendi dei dipendenti pubblici hanno perso il 30-40% negli ultimi cinque anni? E gli esodati che hanno visto in voi una speranza, dove li mettiamo? Diciamo anche a loro “aspetta e spera”? Credi che vi voteranno di nuovo, come hanno fatto in massa, pieni di speranze, in queste elezioni?

Ricorda che l’Austria Ungheria aveva un concetto quasi “sacro” per i suoi funzionari, e li trattava bene, perché da essi dipende il buon funzionamento dello Stato e dell’Amministrazione: ti sei mai chiesto perché, da un lato, molti anziani veneti rimpiangevano Franz Joseph e molti liguri, dall’altra, Napoleone che annesse la Liguria al territorio metropolitano francese fino a Genova?



Il secondo errore, madornale – proprio da disinformazione – è stato quello di confondere il reddito di cittadinanza con l’assegno di disoccupazione.

Il reddito di cittadinanza è, anzitutto, un principio giuridico prima che economico: perciò, non si può tirarlo per la giacchetta per cosa ci serve e dimenticarsi del resto. Questo è grave. Bene, mettiamo i paletti che Grillo non sa piantare.

 
A partire dai primi anni Ottanta, contemporaneamente alla caduta del muro di Berlino, si assiste, invece, al trionfo senza rivali della teoria neoliberista. Viene a mancare qualunque contrapposizione teorica se non, in termini puramente formali, all'interno dell'impostazione neoclassica dominante. L'economia politica si trasforma in scienza oggettiva, la cui promulgazione é ad appannaggio di "specialisti" e di "tecnici", al di fuori delle diatribe teoriche tipiche delle scienze sociali. Indipendentemente dalla formula di governo al potere (destra o sinistra), la politica economica diventa una tecnica di sostegno dei meccanismi di accumulazione in modo che siano sempre più compatibili con le esigenze dell'impresa e della finanza anche nel brevissimo periodo.”

 
Sono parole chiare e durissime: data? 1998. Le scrisse il prof. Andrea Fumagalli (3) nell’introduzione del suo saggio “10 tesi sul reddito di cittadinanza” che, insieme ai lavori di De Simone (“Un milione al mese subito”, “Dove andrà a finire l’economia dei ricchi”, ecc), sono le principali basi per comprendere il reddito di cittadinanza “sganciandolo” – ma solo per comodità d’analisi – dal suo complementare, il signoraggio bancario, del quale già scrive Marx nel Capitale (4):

 
Fin dalla nascita le grandi banche agghindate di denominazioni nazionali non sono state che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipar loro denaro. Quindi l’accumularsi del debito pubblico non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui pieno sviluppo risale alla fondazione della Banca d’Inghilterra (1694). La Banca d’Inghilterra cominciò col prestare il suo denaro al governo all’otto per cento; contemporaneamente era autorizzata dal parlamento a batter moneta con lo stesso capitale, tornando a prestarlo un’altra volta al pubblico in forma di banconote. Non bastava però che la Banca desse con una mano per aver restituito di più con l’altra, ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua della nazione fino all’ultimo centesimo che aveva dato”. (Karl Marx, Il Capitale, cap. 24).

 
Andrea Fumagalli è un bocconiano: si laureò – ironia della sorte – avendo Mario Monti come relatore.

Se si legge con attenzione il suo lavoro, s’evince che il reddito di cittadinanza è completamente sganciato da altre forme di sussidio al reddito quali assegni di disoccupazione, ecc. Al massimo è complementare, ma un “complementare” molto a latere.



In altre parole, la principale fonte di finanziamento del reddito di cittadinanza è la tassazione dei trasferimenti finanziari dai quali Fumagalli calcolò, nel lontano 1998, un gettito di 466.800 miliardi di lire annui, che sono pressappoco 233 miliardi di euro l’anno, mediante un prelievo dello 0,05% con elusione fiscale del 20%.

Una tassa del genere non è certo indolore: su 100.000 euro se ne prende 50 (di molto inferiore alle gabelle di Stato quali imposte di registro, marche da bollo, ecc), ma quante cose si possono fare con 233 miliardi l’anno?



Con una simile cifra a disposizione si può iniziare a destinare circa 300 euro/mese ad ogni italiano, dalla nascita alla morte: questo è il concetto di reddito di cittadinanza, un “ritorno” di risorse dal mercato finanziario al sociale. Non è un assegno di disoccupazione.

Un simile strumento si presta a molte interpretazioni: ad esempio, può sostituire in parte o del tutto gli assegni familiari (che oggi sono una miseria) ma non può sostituire uno stipendio od una pensione! In altre parole, non si può dire ad un pensionando che ha lavorato 40 anni (e versato i contributi) “adesso torni ai 300 euro iniziali”!



Non per questo, il reddito di cittadinanza – sottolineo, completamente staccato da altri redditi – non può essere utile in molti frangenti: soprattutto per la disoccupazione. Una famiglia di quattro persone a reddito zero incamera zero.

Con il reddito di cittadinanza incamera 1.200 euro – non sono molti, è vero, però si sopravvive (male) – ma se uno solo trova lavoro a mille euro, ecco che il reddito diventa 2.200, e le cose vanno meglio.

C’è discussione se limitare il reddito di cittadinanza ai redditi sopra i 50.000 euro: a parte tradire l’originario principio giuridico, si potrebbe comunque pensare ad una sua concessione “ridotta” dai 50.000 ai 100.000 euro.

Il reddito di cittadinanza è uno strumento meraviglioso, perché favorisce le associazioni (più sei, meno spendi) e quindi famiglie, convivenza fra famiglie, piccole comunità, ecc. E la natalità?

Inoltre, è quel poco che non ti lascia mai col sedere a terra: affermava Parmenide che il poco è cosa assai diversa dal nulla.

L’importante è fare le scelte con un po’ di saggezza, e non far fare i conti al ragionier Giuseppe Grillo da Genova!

(1) Fonte: http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/un-voto-che-interroga-anche-i-sindacati.flc


(2) Vedi: http://www.beppegrillo.it/2013/02/gli_italiani_non_votano_mai_a_caso.html


(3) Vedi: http://www.ecn.org/andrea.fumagalli/10tesi.htm


(4) Fonte: http://lapalanca.altervista.org/signoraggio-una-realta.pdf  



13 marzo 2013

Ahi, ahi, Argentina...


Quando si parla di Argentina le cautele non sono mai troppe. Però, fu ordinato cardinale da Wojtila, quello che ricevette Videla appena eletto.
Oggi, parecchi siti Web narrano storie poco chiare sul passato del cardinal Bergoglio. Giudicate voi:


Hasta siempre.

09 marzo 2013

Mario Draghi aviatore





Non per entrare nel merito del motore,

ogni motore ha una musica e io la so.

Così per sempre nel vento la farò cantare,

per questa mia povera terra da sud a nord.

E quanto è solo un uomo lo sa solo Dio,

mentre volo sopra le ferite della città….”

Francesco de Gregori – Pilota di guerra – dall’album Terra di nessuno – 1987.



La storia inizia parlando con mio genero, che installa sistemi fotovoltaici: la copertura degli incentivi dura fino a Giugno, e dopo?

Dopo, il mercato crollerà, perché – tutti lo sanno – senza incentivi sulla produzione o sgravi fiscali sugli impianti una fonte sì utile, ma il cui costo di produzione ha ancora bisogno di anni per diventare concorrenziale, s’arresta.

Qui non si tratta più di qualche installatore che perde il posto: è tutto il sistema d’aziende produttrici, installatrici e manutentrici che va in tilt. E chi ci pensa?

Il governo, che non c’è.


Si passa a vedere le novità sulla scuola: pare che il ministero stia partorendo un nuovo decreto, nel quale – sostanzialmente – lascia le cose come stanno sul fronte delle assunzioni e dei pensionamenti. Il fatto è che, lasciando le cose come stanno, non è che le cose si aggiustano da sole: arriveranno i vincitori del concorso (emanato da Profumo stesso), mentre sono ancora in attesa quelli del Tirocinio Formativo Attivo e…i posti non ci saranno!

La colpa…eh sì, la colpa…la colpa è della Fornero o di Bondi? Eh, la colpa era d’Alfredo, come sempre.

Prendiamo un attimo in considerazione un grafico come questo:




L’Italia, in controtendenza rispetto a quasi tutte le nazioni europee, non sta risparmiando sulle pensioni da nababbo dei politici, degli amministratori, dei militari, dei magistrati…no, l’Italia risparmia (e crea un avanzo di bilancio) sulle pensioni dei poveracci, facendoli schiattare sul posto di lavoro. Dopo, lasceranno una pensione di reversibilità del 60% circa, così si realizzeranno ulteriori “risparmi”.


Di queste faccende – dove gli italiani attendono risposte dal governo – ce ne sono parecchie: vertenze di lavoro, contratti, pagamenti della P.A. (increscioso il numero dei suicidi!), personale della pubblica amministrazione che aspetta e non sa cosa, ecc. Non si può congelare un Paese e tirare avanti così!


Si fa vivo Mario Draghi (1) (il Mario numero 1) il quale, bello bello, infila una serie d’ossimori che fanno spavento, e li spaccia come l’ovvia ovvietà. Ovvio:


L'Italia prosegue sulla strada delle riforme", indipendentemente dall'esito elettorale. Lo ha detto il presidente della BCE Mario Draghi, sottolineando che il processo delle riforme continua come se fosse inserito “il pilota automatico”. “E' la democrazia, è qualcosa che ci sta a cuore e i mercati lo sanno.”


Se, dall’estero (leggi:BCE), sostengono che il progresso politico/economico italiano avviene anche senza un governo regolarmente eletto, grazie ad un “pilota automatico”, bisognerebbe almeno indicare dove sta, dov’è questo fantomatico aggeggio che ha qualcosa di magico, ossia “vedo e prevedo”, “aggiusto” e c’è pure la pretesa di chiamarla “democrazia”.

La democrazia del pilota automatico è veramente una chicca.


Oggi non c’è il governo e non ci sarà: al massimo i parlamentari si divertiranno un po’ ad eleggere i loro presidenti, le commissioni, ecc…e, infine, la massima carica dello Stato.

Intanto – da qualche parte, forse da via Nazionale, forse direttamente da Palazzo Chigi – “qualcuno” provvederà ad azionare il pilota automatico (che si trovi nella stessa stanzetta dove c’è la pompetta per far salire lo spread?): non c’è governo, non c’è nessuno, eppure tutto va avanti.

Come va avanti?


Anzitutto, non esiste nulla – nella Costituzione – che indichi cosa sia questa benedetta “ordinaria amministrazione”. Quando fu stesa la Costituzione vigevano patti fra gentiluomini, della serie: se capita un alluvione dovremo prevedere gli stanziamenti d’emergenza, se capita un terremoto idem…eccetera. E nessun Parlamento, ancorché impegnato nelle consultazioni, avrebbe negato quel bisogno.

Recentemente, Prodi concesse l’uso delle basi italiane per la guerra del Kosovo: non ci sembra proprio una “ordinaria amministrazione”, eppure lo fece. Il risultato? L’Italia andò in guerra contro la Repubblica di Serbia e Montenegro senza uno straccio di voto parlamentare, che giunse quando le bombe erano già cadute da un pezzo (oramai sotto D’Alema).


L’esternazione di Mario Draghi ci sembra, allora, una sonora presa per il sedere: “noi tireremo diritto”, sembra d’ascoltare. Già, ma come?


Anzitutto, molte decisioni possono essere prese come circolari interne dei ministeri. Ovvio che, queste circolari, se “sbavano” un po’ troppo, se escono dal seminato, dovrebbero essere soggette ad un voto parlamentare. Già: ma chi lo decide?

Qualche parlamentare, in genere, che chiede l’invio alla Corte Costituzionale: deve essere redatta in una certa forma, approvata e sostenuta da un nutrito gruppo di parlamentari.

Anche la Corte dei Conti od il TAR del Lazio possono essere coinvolti (così come il Consiglio di Stato) ma è inutile ricordare che il parere della Consulta è determinante.


Bene: viene messo a ruolo. Quanto tempo passa?

Dipende, da svariati mesi a qualche anno. E nel frattempo?

Nel frattempo quegli atti hanno valore giuridico – sia essa una circolare del Ministero dell’Istruzione sulle nomine, sia quella del Ministero del Welfare per gli esodati, sia quella del Ministero dell’Economia sugli interventi per il fotovoltaico, ecc – salvo poi, un giorno lontano, essere sconfessati in toto od in parte dalla Consulta oppure da un nuovo Governo.

Si creano così quelle situazioni delle quali non si ha più il controllo: soldi richiesti indietro, persone che devono tornare al lavoro, insegnanti che “salgono” o “scendono” in graduatoria, che perdono il posto.

Si finisce così di fronte al CEDU (Corte Europea per i Diritti dell’Uomo) presso la quale, per numero di ricorrenti, l’Italia è in pole position. I giudici europei sono oberati dalle richieste italiane.

Abbiamo scelto tre esempi qualsiasi, ma ce ne sono molti altri che non abbiamo citato, solo per capire l’entità del danno.


Ecco dove Mario Draghi punta per continuare a governare (via Mario Monti) per conto dell’Europa: sull’inazione delle forze parlamentari. Napolitano ha già chiaro come muoversi: darà un solo mandato a Bersani per verificare l’ipotesi dell’accordo con Grillo e, sfumata quella, si tornerà a Monti.

Il quale, magari, non otterrà la fiducia in Parlamento e rimarrà per “l’ordinaria amministrazione”: l’Italia, nel frattempo, andrà in malora a tutto vantaggio della Germania.


Se uno scenario del genere dovesse verificarsi, credo che Grillo potrà salutare quel “100%” nel quale spera.

Anche per un misero 51% – tanto basta per governare – mancano più di 20 punti: una voragine.

I primi sondaggi post-elettorali (ISPO & Mannehimer) hanno dato Grillo in ascesa di circa tre punti, il PD in leggerissima salita ed il PdL e Monti in debole discesa. Insomma, nessuno sfracello.

Da qui in avanti, Grillo andrà a scontrarsi contro gli “zoccoli duri” di partiti che sono al potere, alternativamente, da vent’anni: sono le amministrazioni sul territorio e l’imprenditoria che aspetta finanziamenti (l’episodio di Perugia è illuminante). Gente che difficilmente cambierà casacca, soprattutto se Grillo aspetterà che la mela cada dall’albero: potrebbe diventare così vecchio da non vederla cadere. E nemmeno gli italiani si ricorderebbero di lui.


Ci sono due cose che Grillo può fare per evitare questi scenari, e dei quali – non dimentichiamo – dovrà rendere conto agli italiani che l’hanno votato alle prossime, vicine elezioni.

La prima è garantire la democrazia interna e la trasparenza: consultazioni via Web – per i soli iscritti, sia chiaro – dove si domanda se si preferisce andare avanti da soli od accettare un tavolo di confronto con il PD.

Non si capisce perché gli italiani dovrebbero scegliere via Web d’uscire dall’Unione Europea (condizione per uscire dall’euro) e non un semplice governo interno.

Se nella consultazione prevale il “no”, benissimo: a livello politico ciascun movimento o partito s’assumerà le sue responsabilità.


Se, invece, dovesse prevalere il “sì”, vi sembra un abominio andare ad un tavolo con Bersani per decidere se quegli otto punti, che coinvolgono anche il M5S, possano essere discussi?

Dopo una discussione approfondita, anche qui, ci potranno essere due decisioni: “no” oppure “sì”.

Nel caso di un “no” – finalmente – si farebbe chiarezza: il M5S non ritiene sufficienti le assicurazioni del PD per procedere, tutto torna come prima. A quel punto, al M5S non rimarrebbe che inseguire il 51%: di fortuna ce ne vorrà veramente tanta, secondo il mio pensiero.


Se, invece, ci sarà un “sì” – sofferto, condizionato solo fino a certi livelli, che esclude alcuni punti o parti, ecc – in altre parole un accordo anche “minimale” si potrà dare vita ad un governo che durerà quel che durerà.

La differenza?

Alle prossime elezioni, non ci saranno più Monti in carica né il Cavaliere: con tutti i misfatti che hanno compiuto, sarà facile produrre “qualcosa” per migliorare la vita degli italiani. Che non lo scorderebbero.

Dopo, ci si confronterà su quanto di buono si è fatto e s’affronteranno – in campagna elettorale – i nodi più “spessi” che riguardano la vicenda europea: l’euro, il fondo “salva stati”, la rinegoziazione del debito, ecc. Qui sì che Grillo potrebbe raggiungere quel fantomatico 51%!

Quale sarebbero i vantaggi del secondo scenario?

La prima è quella di togliersi di torno due ingombranti personaggi come il Cavaliere e Monti, compresi i “controllori” europei ed i loro “piloti automatici”, il secondo è quello di giungere ad un redde rationem con il PD: una sana autocritica, da quelle parti, è necessaria.

Ma, soprattutto, tornerebbe in questo povero Paese un briciolo di vera democrazia, e non i “piloti automatici” di Draghi: i quali, se sbagliano e portano ad un disastro, si comunica solo “che il pilota automatico non ha funzionato a dovere”. Pace all’anima loro.



(1) Vedi. http://www.radio24.ilsole24ore.com/notizie/2013-03-08/draghi-risanamento-avanti-pilota-085544.php



06 marzo 2013

Hasta siempre, comandante


Hai resistito fin quando hai potuto, ed oggi te ne sei andato.

Quelli come te – che parlano il linguaggio degli umili senza farsi abbindolare dalle sirene dell’acculturazione – non nascono tutti i giorni.

Sei partito da uno sconosciuto villaggio fra la savana e la pianura – sangue misto, indio, nero ed ispanico, alla faccia di chi difende la razza: i bastardi sono sempre i migliori – e sei arrivato a pilotare gli F-16.

Poi, ti sei messo al servizio del tuo Paese: già, “servizio” che in giapponese si dice “samurai”.

Nessuno ha saputo interpretare meglio di te le esigenze della povera gente: per questo ti acclamano e ti piangono senza ritegno. Perché la povera gente non soffoca i suoi istinti: quando è allegra ride, quando è triste piange.

E tu hai cercato di sfamarli, d’aprire loro le porte della cultura – sempre popolare, vedi l’Orchestra del Venezuela, dove i prestigiosi Berliner Philarmoniker hanno dovuto abbassarsi e prendere in carico un loro contrabbassista tanto era bravo – e d’insegnare loro che il mondo è a portata di mano, basta lottare contro quelli che te lo negano.

Non so se ti hanno avvelenato oppure no: può darsi, ma – da oggi – il popolo venezuelano non potrà più tornare indietro – oh, gli altri ci proveranno, eccome! Il petrolio fa sempre gola, i soldi ancor più – ma i venezuelani avranno di fronte ad essi un faro, Hugo Chavez, e nessuno potrà – mai più – dire loro che la luna non esiste.

03 marzo 2013

Giorni di nuvole



Così è il cielo di Liguria di questi tempi post-elettorali, mentre la gente aspetta un segno dalla bufera che la gente stessa ha scatenato: come bambini, hanno tirato il sasso nell’acqua e non s’aspettavano una simile tempesta. I marosi sono saliti alti, hanno lambito le porte austere del potere ma ogni fenomeno è oramai globale e, dunque, fino alle lontane coste della Pomerania e della Normandia s’è avvertito il mugghio dell’onda.

Attoniti, tutti gli spettatori attendono – come in teatro – che entri in scena il deus ex machina, l’attore protagonista che ha il compito di sciogliere i nodi ed incantare la gente seduta nell’attesa del suo monologo: quando inizia, sembra quasi di cadere nel riposo del dopo-orgasmo, quando i nervi si distendono ed anche l’aria è cheta, rispettosa, complice.

Già, ma non avviene: l’attore tarda, gli altri attori in scena manifestano segni di nervosismo, guardano oltre le quinte sperando di scorgere un’ombra mentre faticano a mantenere un minimo d’attenzione nel pubblico.


Già, così sembra questa strana crisi di governo successiva alle elezioni: senza Papa, senza Presidente (non sono mica le ferie estive, eh, Napolitano?) con un Presidente del Consiglio azzoppato (meglio così) ed un Consiglio dei Ministri oramai proiettato verso il dopo, pronto per il rompete le righe. La Fornero aspetta: ha già prenotato il volo per Monaco di Baviera.

E noi siamo tutti in fila davanti al bagno, e noi siamo tutti qui ad aspettare un segno…” cantava Francesco de Gregori: già, un “segno”. Quale potrà essere?


Dopo i “prego”, “dopo di lei” e “s’accomodi” delle primissime ore dopo il voto, presto si è precipitati nel solito: “niente”, “così non va”…eccetera…per finire nel classico dei classici, il “vaffa”.

Ciascuno ha paura di perdere quel poco che gli è rimasto, oppure il molto che ha guadagnato: partiamo proprio da quest’ultimo, da Grillo.


Il “no” al governo con Bersani è stata una rinuncia molto travagliata ai piani “alti” del M5S: perché, in fondo, rinunciare a tenere il PD sulle corde, accordandogli la fiducia per poi centellinare il voto favorevole guardando con la lente d’ingrandimento ogni proposta di legge poteva sembrare pagante. Parigi val bene una messa, sempre tenendo conto che il M5S guarda alle prossime, inevitabili elezioni.

In questo rischiosissimo gioco, però, deve aver pesato come un macigno la riflessione che – varato un governo – dopo non è così facile abbatterlo. In altre parole, cosa fare quando – poniamo per il voto sull’Afghanistan – il PD (solo per questa volta, giuriamo, non accadrà più…) avesse accettato l’inevitabile voto favorevole del PdL? Sono rischi che un movimento che si affaccia alle aule parlamentari non si può permettere.

C’è sempre, però, una altro piatto della bilancia: Grillo sta agendo con troppa sicumera. Consiglierei prudenza.

Il plebiscito che Grillo ha ricevuto non è radicato: è in gran parte un voto di protesta, “volatile”, e non è detto che “nessuna azione” sia la miglior risposta. Va bene che ci siano degli illustri precedenti – l’ideogramma vergato a lettere cubitali sulla Piazza Tien An Men significa proprio questo – e Craxi, per un certo periodo, se ne innamorò e lo fece suo.


In fin dei conti, le prossime elezioni potrebbero non vedere quella progressione aritmetica che Grillo s’aspetta: potrebbero, al più, confermare o incrementare di poco il suo “share” perché ci potrebbero essere nuove conferme ma anche molte disillusioni per l’inattività dei suoi parlamentari.

Quali promesse potrà fare durante la prossima campagna elettorale, che non siano desuete? Gli italiani sono un popolo stanco, che cerca sicurezze, parole chiare, programmi precisi: le adunate oceaniche possono andar bene, ma dopo bisogna dimostrare che si conoscono approfonditamente le soluzioni ai problemi.


Lasciamo per un attimo Genova e risaliamo verso l’Appennino, valichiamolo e ci troviamo nell’ameno borgo di Bettola, che non è molto distante da S. Ilario.

Lì c’è un uomo che di guai ne ha fin sopra i capelli: se il vento gli sradicasse una porzione di tetto al massimo direbbe “Va beh…” senza aggiungere la bestemmia di rito.

A forza di parlare per enigmi – io non ho ancora capito chi sono il giaguaro da smacchiare e le bambole da pettinare – s’è avvitato su se stesso, ha compiuto una giravolta, è inciampato ed è caduto.

Credeva di vincere alla grande, poi di andare dal suo amico Monti e dirgli “Vieni qui e siediti al Ministero dell’Economia ma…va mo là…non fare mica i tuoi soliti scherzi da prete eh?”. Invece gli tocca smacchiare un Grillo, che è troppo piccino per essere smacchiato e troppo grande per non incazzarsi se lo tocchi col solvente. Un disastro.

Rivolgersi dall’altra parte nemmeno se ne parla: ho già abbastanza guai per tirarmi Berlusconi in casa.


Ma è all’interno che ci sono i guai maggiori: il PD ha una vera preferenza per le beghe interne. Fanno congressi, fanno le primarie, le parlamentarie e votano su tutto: alla fine, arrivano alle elezioni politiche stremati e si chiedono, devo votare per Bersani o per Renzi? No, errore di elezioni, e perdono anche la strada per andare a casa.

Dopo, si disfa tutto: Veltroni ricorda che, quando aveva perso con il 33%, Bersani lo aveva disarcionato. Adesso che lui ha perso qualche milione di elettori cosa dovremmo fargli? Baffino dice tante cose ma non dice nulla: sono il più bravo ed il più bello della nidiata, se non avessi bombardato Belgrado oggi sarei Presidente della Repubblica, Santo Patrono, quasi Dio. E tutto per una barca…maledette le barche ed il mare che ti stordisce…

Il più scaltro, però, è Renzi il quale sta tenendo un comportamento perfetto:

Niente giri di parole: il centrosinistra le ha perse. La vittoria numerica alla Camera non è sufficiente e lo sappiamo. E non si dica: 'Ah, gli italiani si sono fatti abbindolare, non ci hanno capito' come ha detto qualche solone dei nostri in tv nelle ore della debacle. Gli italiani capiscono benissimo i politici: casomai non sempre accade il contrario.”


“Io ho combattuto Bersani a viso aperto quando non lo faceva nessuno, guardandolo negli occhi. Non lo pugnalo alle spalle, oggi: chiaro?” (1)


Così, si accredita di parecchi punti: lui lo aveva detto…rimane a fare il sindaco di Firenze…non pugnala nessuno…insomma, il cavaliere senza macchia e senza paura, che concede l’onore delle armi allo sconfitto.

Renzi sa bene che l’attuale situazione può generare al massimo un governicchio “balneare” (se ci arriva) perciò alza la posta sicuro di poterlo fare: via al programma di Grillo, basta con i rimborsi (discutibile l’idea delle case) e via discorrendo.

E in questo modo inchioda Grillo, perché sono offerte difficili da declinare: la metà del M5S ed il 66% del PD sono a favore di questa ipotesi. L’ipotesi di un governo col PdL non supera il 2% in entrambi i fronti.

Domanda rivolta a Grillo: sarebbe così sicuro di farcela contro Renzi? Sappiamo benissimo che Renzi fa parte della cosiddetta “destra” del PD, che è un liberista convinto, eccetera…ma, oggi, le elezioni premiano l’immagine che si riesce a comunicare. Vedi Bersani.

 
E veniamo al terzo incomodo, messer Berlusconi da Arcore, che fa le corna e prega perché i nuvoloni, sulla sua testa, aumentano.

Questa volta non si tratta più di Olgettine: oggi si sono mossi i servizi, nella persona di Sergio De Gregorio. Se volete dare un’occhiata al bellissimo curriculum del senatore, un concentrato di “Nulla res” e di militaria, l’indirizzo è in nota (2).

Perché De Gregorio decide di “cantare” quello che tutti avevamo capito già nel 2006? (Nessuno aveva capito come facesse ad essere con Di Pietro, ma questa è un’altra faccenda).

Perché questo è un ordine giunto “express” dalla Germania: il Cav vuole uscire dall’euro? Calma…

Torniamo indietro.

 
Alle elezioni del 2006, Forza Italia si presenta in alleanza con la Lega, UDC e AN. E con i “NO-EURO”: sorpresi, vero?

I “NO-EURO” dell’epoca erano quattro giovanotti con gran voglie di carriera parlamentare, i quali si presentarono ad una conferenza di Mimmo de Simone e gli fregarono il programma sul reddito di cittadinanza e la critica all’euro.

Poi, si recarono da Berlusconi (che imbarcava tutti, basta vincere) – ebbero un colloquio di dieci minuti – ed entrarono nell’alleanza: per quanto mi ricordo, nessuno fu eletto ma presero comunque dei voti. Col programma scritto da un inconsapevole de Simone!

Mimmo fu messo in guardia da me, che telefonai ad Angelo Quattrocchi (Malatempora) per spiegare l’inganno: almeno, si risparmiarono il suo nome.

 
Qual è la vera posizione di Berlusconi sull’euro?

E’ una ricatto che il Cav tiene nel cassetto – come tenne i “NO-EURO” – per contrattare sempre qualcosa con l’Europa: vuoi un salvacondotto dai suoi numerosi “incidenti” giudiziari, oppure la salvezza delle sue aziende, dai debiti, ecc. Di uscire veramente dall’euro, manco ci pensa.

Ecco, allora, l’UE (leggi: Germania) che ha più paura del possibile ricatto di Berlusconi (adunate, campagne televisive, ecc) che – per ora – delle minacce di Grillo: non è questione di antipatie o una vendetta della Merkel, ma la constatazione che il Cav – soprattutto col suo potere mediatico – può far danni all’Europa. Danni che, se non sarà proprio messo in un angolo, si guarderà bene dal fare: come sempre, quando ci sono dei ricatti politici, si fa fatica a distinguere il ricattato dal ricattatore.

Casca a fagiolo – parlando di ricatti – Sergio de Gregorio: fu probabilmente ricattato (sicuramente pagato) nel 2006 ed oggi si ripropone la partita, con un de Gregorio messo probabilmente al muro dai servizi ed obbligato a raccontare tutto.

Solo che il reato in oggetto è “attentato alla Costituzione” che prevedeva, in origine, una pena “non inferiore a 12 anni” il quale è stato “alleggerito” di recente portando la pena a “non inferiore a 5 anni”: da chi? Ma da Silvio Berlusconi, no! In previsione del reato, si cautelò anzitempo con la legge 85/2006 del 24 Febbraio 2006, proprio prima delle elezioni politiche.

Se ci sono ancora dei dubbi, c’è l’intercettazione telefonica con Saccà dove Berlusconi ammette – per questioni di attricette – di voler “riconquistare la maggioranza al Senato”.

Questo è un carico da novanta: non c’è da stupirsi, al punto cui è giunta la “guerra” con la Magistratura. E di questo Berlusconi dovrà tener conto: non bastano le manifestazioni di piazza, qui la questione è seria e si rischia grosso.


Paradossalmente, chi ha meno problemi è il vero perdente: Mario Monti, che ha portato al collasso gli ultimi resti della DC e di AN. Ed è anche quello che ha più probabilità di rimanere alla Presidenza di un Governo senza più maggioranza. Questo è un segreto di Pulcinella: è l’intendimento di Napolitano.

L’uomo del colle – non a caso è rimasto a lungo in Germania – ha tutta l’intenzione di riproporci il governo delle banche: già, ma con quale maggioranza?

Monti e Berlusconi, da soli, non bastano: l’obiettivo – sempre che Grillo ed il PD non trovino una soluzione – è quello di sfruttare una più che possibile scissione del PD (ve li vedete Grillo e Fioroni assieme?) per fare una nuova maggioranza “centrista” con i voti di Berlusconi. Ci sono i numeri? Al Senato probabilmente sì, alla Camera bisognerà vedere di che entità sarà la scissione, che non sarà capitanata da Renzi.

 
Il piano era già stato steso prima delle elezioni: i “transfughi” (Binetti, ecc) verso l’UDC mai più immaginavano di non essere eletti. Più che il successo di Grillo, ciò che li ha fregati è stata la tenuta di Berlusconi: se avessero ragionato un po’ di più, avrebbero capito che le maggiori sofferenze agli italiani le ha propinate Monti, soprattutto con il lavoro, le pensioni e l’IMU.

Con un risultato migliore si poteva, grazie ai transfughi dal PD, mettere insieme una maggioranza gradita alle banche: se non sarà possibile, Mario Monti gestirà al meglio (per loro) un governo senza maggioranza, ovvero senza più decreti legge approvati nottetempo.

Per questa ragione, prima di mandare tutto all’aria, consiglierei Grillo e Bersani di consultarsi ancora, alla luce che – fra sei mesi – uno scontro fra Renzi ed il M5S potrebbe non generare quella grande vittoria attesa da Grillo: gli italiani s’innamorano rapidamente, ed altrettanto rapidamente lasciano l’amato/a.

Soprattutto se si dà l’impressione d’impotenza e di “blocco psicologico”, come attualmente stanno dando gli eletti del M5S – “dirà tutto Casaleggio”, “aspettiamo che Grillo c’informi” – lo “share” cala rapidamente: negli italiani che li hanno votati, s’insinua il dubbio che siano dei ragazzi di belle speranze e basta.

Voi che avete puntato tutto sulla comunicazione – ragazzi – oggi state perdendo punti proprio in quel settore, dove Renzi v’aspetta, forte della sua giovane età, dell’esperienza e dell’appoggio del partito (dopo Bersani, il nulla).

 
Qualcuno ha proposto l’esempio del Belgio, rimasto un paio d’anni con un governo per la “normale amministrazione” ed un parlamento litigioso: ci sono delle similitudini con l’Italia, ma anche molte differenze.

Senza stare a fare la storia comparata delle due nazioni, ricordiamo solo che il Belgio è finito in quella situazione con un quadro legislativo abbastanza integro: l’Italia?

Dopo il duplice passaggio di Berlusconi e, soprattutto, di Monti è stata fatta tabula rasa d’ogni diritto, d’ogni “leva” che ancora potrebbe risollevare il Paese: è una pietosa balla che Monti abbia salvato l’Italia (lo dico per quelli che ancora hanno dubbi), Monti l’ha affossata.
L’Italia dovrebbe affrontare una “normale amministrazione” con il falso in bilancio depenalizzato, che consente ogni truffa senza nessuna pena?

Con le leggi sul lavoro ancora inasprite dalla Fornero, mediante le quali non ci sono più diritti, si vende e si compra il lavoratore come una bestia, non si pagano straordinari perché c’è lo spettro del licenziamento e chi li pretende è fuori?

Con la “nuova” legge sulle pensioni, che non assomma i contributi delle “gestioni separate”, porta l’età della pensione verso un livello abnorme – verso i 70 anni, oggi siamo a 67, perché la Fornero non ha abolito la precedente legge Sacconi, con i suoi incrementi di tre mesi in tre mesi – che impedisce qualsiasi ricambio generazionale?

Con l’IMU e la TARES le quali si “mangiano” – anno per anno – il valore della tua abitazione: mentre paghi il mutuo, devi anche pagare una sorte d’affitto allo Stato, altrimenti vendi e vai sotto un ponte?

Questa sono le “riforme” italiane, mentre in Francia il salario minimo di legge (un edile, una commessa, un operaio appena assunti) è di 1.300 euro. Per legge.

Quindi, un eventuale governo “per l’ordinaria amministrazione” riceverebbe da Monti (sempre che non sia Monti stesso) un’eredità coi fiocchi: tutte le leggi per governare – in “ordinaria amministrazione” – sono il peggio delle leggi liberticide che si possano immaginare, in un quadro d’economia che fa paura.

Infine, l’unica buona notizia: si sta facendo strada – fra la gente, non nei palazzi – un nome per il prossimo inquilino del Colle: Stefano Rodotà, un uomo integerrimo, sapiente giurista e, soprattutto, un fine intellettuale che ha poco da invidiare a Pasolini. Per questo è stato tenuto nell’ombra: c’est normale.

Stabilita l’indisponibilità di Dario Fo, è la miglior candidatura che ho sentito: altrimenti, le alternative sono Gianni Letta e Giuliano Amato. Fate voi, vecchi e nuovi parlamentari: ma sarebbe già un bel segno d’inversione di rotta.

(1) Fonte: http://www.tmnews.it/web/sezioni/top10/20130301_151826.shtml

(2) Vedi : http://it.wikipedia.org/wiki/Sergio_De_Gregorio