26 dicembre 2015

Anche i ritardi, a volte, ritornano




Finalmente qualcuno c’è arrivato, ma non per chissà quali ragionamenti o scelte consapevoli: semplicemente, perché sono spariti i soldi, non ci sono più. E, allora, ci si arrangia come si può.
Tutto ciò fa avvertire la propria completa inutilità, in un Paese come l’Italia soprattutto, d’esser stato una cassandra inascoltata e derisa da tutto il mondo politico ed amministrativo. Poteva essere diverso? Da gente affaccendata a succhiar soldi alle banche, per poi chiederli a noi, ci si può aspettare altro? “Non ti curar di lor ma guarda e passa”: già, dobbiamo passare in mezzo ad un mucchio di m...e far finta che sia un profumato roseto. Adesso vi spiego.

La Provincia di Lodi ha finito i soldi. Ma, non doveva finire anche la provincia di Lodi, insieme alle province? Boh...
Cosa fa allora?
Le province avevano delle competenze, principalmente su caccia e pesca, strade, lavoro e scuole (manutenzione degli edifici e spese ordinarie).
Non abbiamo notizie su caccia e pesca, le strade sono lasciate (sempre più scassate) all’abbandono, il lavoro è sparito e la scuola, la scuola...eh, quella sì che dà dei grattacapi...
Perché ogni anno, che piova o faccia sole, bisogna riempire le cisterne del riscaldamento invernale di gasolio, cippato, pellet...eccetera...oppure pagare la bolletta del metano.

Un liceo di Lodi ha accettato la “sfida” (1) – ossia la necessità di risparmiare, visti i chiari di luna sui bilanci – ed ha deciso di chiudere la scuola fino al 10 Gennaio, spegnendo l’impianto di riscaldamento. La Dirigente Scolastica ha comunque garantito le 200 giornate annue d’insegnamento, come prevede la normativa.
E io che c’entro? In due parole ve lo spiego.

Per ricordarmi di quando affrontai la questione, ho dovuto ricorrere a memorie lontane: che automobile avevo? Era il periodo del mal di schiena? Del dentista?
Sono riuscito ad inquadrare gli eventi intorno al 2005, ma potrebbe essere anche un po’ prima...dopo no, e vedremo perché.

Stimolato dai discorsi di un amico termotecnico (purtroppo, già scomparso, era nel “libro nero” del tumore dell’amianto...eh, come passa il tempo per gli umili mortali...gli altri non crepano mai, vedi Gelli) m’accorsi che scaldare le scuole nel periodo delle vacanze invernali era un costo mica da ridere. Lo scrivevo il 14 Dicembre del 2005 (2): ne riporto un breve estratto:

“Quanto si spende per scaldare queste scuole vuote? Ho eseguito un rapido calcolo, considerando cubature medie di 4.500 m3, un coefficiente medio di 50 Kcal per m3/h e la presenza sul territorio italiano di circa 25.000 istituti scolastici. Un calcolo con alcune approssimazioni, ma che conduce a valutare l’importo fra i 200 ed i 250 milioni di euro l’anno...”

Se ci avessero pensato all’epoca, oggi avremmo risparmiato circa 2-3 miliardi di euro: poco, tanto? E’ la stessa cosa: tanto, se li sarebbero mangiati ugualmente in tangenti, cene, viaggi e puttane.

Non contento d’averlo scritto e ben documentato, approfittai di un evento che considerai fausto: alla presentazione di un mio libro, a Prato, sarebbe stato presente un gran farfallone dell’ambientalismo italiano – che tutti, ovviamente, conoscerete – tale Fabrizio Vigni, senese, di professione funzionario di partito. Quale? Ma dai...PCI, PDS, DS...si chiamano ancora così? Non ricordo.

Perché non “passare la palla” ad uno del palazzo, affinché realizzi l’impresa? In fin dei conti, si trattava di una piccola “riforma” a costo zero, anzi, a guadagno certo: un ambientalista serio l’avrebbe senz’altro colta al volo. Ingenuo, vero? Eh sì: ancora credevo di vivere in un Paese normale, mica nel Renzistan!
Così feci. Gli spiegai in due parole l’arcano di spegnere il riscaldamento durante le vacanze...si risparmia tot...per il personale si fa...eccetera...

Mi fissò con due occhi liquidi, da pesce bollito ma senza sale, sfatto: dopo due minuti m’accorsi che aveva una gran voglia d’andarsene, e in fretta.
Ma che vole ‘sto rompihoglioni? Maremma maiala...proprio stasera lo dovevo trovare sulla mi straha? Ciò gli amici o l’amichetta che m’aspettano, per la partita a scopetta o scopone...

Ecco quel che lessi in quegli occhi: l’unica soddisfazione – proprio magnum gaudium – fu leggere che alle elezioni del 2006 fu trombato. Mal me n’accorsi: passò immediatamente nella giravolta dei consigli d’amministrazione delle “partecipate” toscane: fra un bicchiere di Chianti ed una sagra del baccello, il nostro tornò a sedersi in quelle sale anonime dove crescono il grano ed il vino per, allegramente, vignare. Vero Vigni? Eh, nomen omen...

Se avete qualche curiosità, lascio in nota (3) la folgorante carriera del nostro “ambientalista” ed anche un bello “spaccato” dell’ambientalismo “monnezzaro” del PD toscano (tratto dal blog di Grillo) (4) ma tanto, trastullandosi fra l’inceneritore di Scarlino (consigliere) e Sienambiente (ex presidente), il nostro giunge alla pensione (è del ’56) e il prossimo anno – in barba a quelli inchiappettati senza ritegno, avvalendosi di “diritti acquisiti” ad altri negati dalla legge Fornero – andrà ad incassare il frutto di tanto impegno, di tante fatiche, di tanti sforzi compiuti per l’ambiente italiano e dintorni.
Quanto prenderà?

Non lo so: Cicciolina – una sola legislatura – prende 3.330 euro...lui ne ha fatte tre...facciamo un cinquemila? E vai con l’ambiente...
Che ci volete fare...più ne fai e più prendi, sono come Cicciolina, più ne prendi e più soldi fai...e chi se lo prende nello stoppino? Ma dai, non indovinate?

Un ultimo saluto per la Dirigente Scolastica di Lodi – prof.ssa Giusy Moroni – la quale ha avuto coraggio, e gliene rendiamo merito. Nella mia bozza, però, non prevedevo telelavoro o roba del genere, bensì un semplicissimo escamotage: metà delle ore “a disposizione” (come per il personale docente) e metà sarebbero confluite in un “monte” ore da utilizzare nei momenti di maggior bisogno.

Perché – Preside Moroni – entrambi sappiamo che, se hai tre persone in segreteria, nei tempi più “tranquilli” ne basta ed avanza una sola, mentre nei periodi “caldi” – esami, iscrizioni, ecc – ce ne vorrebbero sei.
In questo modo, tutti contenti: il personale ATA che si riposa qualche giorno sotto le feste senza ricorrere alle ferie e lei, che quando ce n’è veramente bisogno, soprattutto per tener aperta la scuola il pomeriggio, non sente più il coro delle lamentele, dei “distinguo”, dei “però la Rossi...”, “ma proprio oggi che ho il dentista...” “e il bambino, a chi lo lascio?”...eccetera, eccetera...che ben conosciamo. Per tacitare i “legislatori”, basta un numero telefonico per le emergenze (sotto Natale?!?) e tutto si risolve.
A volte, le cose semplici sono quelle che funzionano meglio.

Non vede come hanno funzionato per Vigni? Non ha mai fatto niente e, questo res nullius, si porterà a casa un bel gruzzoletto, alla faccia mia, sua e di tutti noi che abbiamo lavorato o ancora lavoriamo.
Capito come si fa?

(4) http://www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/follonica/2013/11/le-scatole-cinesi.html

10 dicembre 2015

Olive, navi e pensioni









Osservate ben questa fotografia perché non so se si nota chiaramente: a parte le olive abbandonate sulla pubblica via, o quelle che nessuno raccoglierà sulla scarpata, sulla strada si notano migliaia di noccioli. Si tratta della “nuova usanza” di fare l’olio direttamente sull’asfalto: pratica, oltretutto, assai pericolosa, perché passare in moto sopra quel “mix” di olio e minuscoli noccioli è rischioso. Non fa niente: se avrete un incidente, potrete fare causa al Comune il quale (con comodo, ovvio) sarà obbligato a risarcirvi.
Questa è la situazione di chilometri di strade liguri: accanto, ci sono gli oliveti abbandonati con strati d’olive che marciscono, qualche (raro) podere con le reti stese (ma troppo tardi, sotto le reti c’è già una strato d’olive marce) e le cunette per il deflusso dell’acqua intasate da chili e chili di olive.
Ho cercato dotte informazioni sulla situazione olivicola italiana e sono state tutte rassicuranti: tranquilli, ragazzi...sì, in un decennio hanno chiuso i battenti più di 200.000 piccole aziende...ma la superficie coltivata ad olivo è diminuita solo di un’inezia%. Sarà.

Si legge, però, che l’olio d’oliva italiano è solo un ricordo: grazie ai “saggi” provvedimenti dell’UE, soltanto una percentuale inferiore al 10% è sufficiente per qualificarlo come “olio d’oliva italiano”...cioè...olio comunitario con presenza d’olio italiano. Quanto? Ah, difficile dirlo...l’Italia produce circa la metà dell’olio necessario al consumo interno, la Spagna 4 volte l’Italia – ed ha il controllo dei mercati del Nord Africa, Marocco ed Algeria – ma l’olio spagnolo, e quello che diventa tale appena sbarca ad Alicante, è una schifezza rispetto all’olio italiano. Per due motivi: le cultivar, molto inferiori per qualità, ed il sistema di raccolta, che è molto diverso da quello italiano (gli spagnoli “ammucchiano” le olive sotto l’albero, quando hanno terminato la raccolta le portano al frantoio...immaginate che “fragranza”...).
Qui, entrano in gioco i chimici, i quali sono in grado di farvi diventare qualsiasi schifezza almeno accettabile, quanto basta per stare, con accattivante etichetta e smaglianti luci, sullo scaffale di un supermercato.

La questione, però, è un’altra: di tutti gli olivicoltori che conosco, nessuno è sotto i 60 anni, ovvero sono quasi tutti pensionati che...fin che ce la faranno, dicono, poi...qualche santo sarà per il podere e per le olive. Quelle olive pestate sulle strade, però, già raccontano come la pensa il santo.
L’olivicoltura è solo un settore dell’agricoltura italiana: il divario con Francia e Germania è abissale. In Germania, per 8 agricoltori sopra i 65 anni ce ne sono 8,1 sotto i 35, in Francia, per gli stessi 8 agricoltori ce ne sono 7,9 sotto i 35: c’est pareille, direbbe un francese. In Italia, sempre riguardo a quegli 8 agricoltori over 65, ce n’è solo uno sotto i 35 anni: un divario abissale.
Le ragioni? Decenni di disinteresse, tagli verticali ed orizzontali ad ogni sostegno, menefreghismo da parte di tutte le parti politiche...chi se ne frega della terra? Pare che la terra produca così, da sola, semplicemente guardandola.

Per le olive, tanto per citare un dato, molti anni fa c’era un sussidio di 1000 lire (o 1 euro, non ricordo) per ogni litro d’olio che usciva dal frantoio: era poco, ammettiamolo, ma il costo di molitura, almeno, lo pagava lo Stato. Il quale, in questo modo, aveva anche dati precisi per quanto riguarda la produzione italiana...adesso? Tutto sta in quel che dichiarerà il frantoio il quale, beninteso, fra qualche settimana (conclusa la raccolta), riprenderà in mano le sanse che ogni olivicoltore ha lasciato, le sottoporrà ad una nuova estrazione intorno ai 60° – la prima è sui 28°, il cosiddetto “olio a freddo” – e venderà, poi, l’olio extra vergine super a freddo incontaminato con garanzia biologica che gli allocchi correranno a comprare, a costi superiori ai 10 euro il litro. Quindi, estraendo nuovamente quasi all’ebollizione, verrà fuori una delle tante schifezze che i chimici metteranno a posto.
I chimici? Questi novelli maghi della frode? E che ci possono fare...fanno il loro mestiere, sono altri che dovrebbero spiegare perché ordinano loro di “nobilitare” certe schifezze.

Molti anni or sono, mi venne ordinato di valutare il contenuto di acido oleico (ossia se c’erano state sofisticazioni con altri oli non d’oliva) nell’olio di una grande marca: mi misi al lavoro – per gli addetti: saponificazione, idrolisi acida, estrazione dell’acido oleico, rotazione, mediante Mercurio, cis/trans del doppio legame e trasformazione in acido elaidinico (solido), pesata finale – e vidi che il risultato era circa il 50% di quello atteso, ossia del titolo in acido oleico che avrebbe dovuto avere quell’olio d’oliva.
“Professore, devo aver sbagliato...mi viene la metà del previsto...”
Il professore solleva gli occhi dal giornale “No, Bertani, è giusto, è giusto così...”
“Ma come, la metà!”
“E dai, Bertani, dattela...non farmi dire altro va...il voto sarà alto, tranquillo: consegni il risultato?”
Oggi, dopo aver fatto un poco il contadino, capisco perché il mio olio è denso e verde, mentre quello della “grande marca” era (ed è) una bagnarola giallognola.

Non voglio, però, tediarvi oltre perché il “Fatto Quotidiano” ha recentemente pubblicato una lunga inchiesta (più articoli, che tutti potrete trovare facilmente) sulle frodi in campo oleario: sono le implicazioni sociologiche che m’interessano e ci torneremo. Andiamo avanti.

Proseguendo su queste strade dell’interno, ciascuna con il suo “tappeto” di noccioli d’oliva, si giunge alla periferia della grande Genova: Sestri, dove c’è l’aeroporto e ci sono i cantieri navali Fincantieri – ultimo ricordo dell’IRI – i quali, insieme al Muggiano, Riva Trigoso, Castellammare, Palermo e Monfalcone sono le principali sedi italiane. All’estero, Fincantieri lavora anche in Norvegia, Romania, Croazia, USA, Brasile, India, Emirates e Vietnam: ovviamente, con una galassia di compartecipazioni ed accordi commerciali d’ogni tipo.
La loro specialità?
Navi da crociera costruite con un sistema modulare che all’estero c’invidiano, perché i moduli vengono costruiti a terra e poi assemblati sulla nave, con precisione millimetrica: un lavoro di grande perizia e precisione, per i progettisti e per le maestranze. Non disdegnano poi di costruire portaerei, fregate e sottomarini, ma anche comuni navi mercantili, soprattutto nei cantieri delle “controllate” estere.
Come va Fincantieri?

Per dare una risposta sensata bisogna prima valutare il sistema di riferimento: gli ordinativi sono al loro massimo storico e, dunque, sono necessari aumenti di capitale per far fronte all’espansione del lavoro conseguente alle commesse. Almeno, in un’economia sana così stanno le cose: hai più ordini e lavoro? Devi acquistare più materiali e pagare più maestranze? Ti servono dei capitali, che saranno remunerati con gli utili. Invece, pare di no: “Crisi di Fincantieri”, “Problemi a Fincantieri”, eccetera...questi sono i titoli sulla stampa.
Perché?

Poiché l’unico fondo ancora nelle mani (parzialmente) del Tesoro è la Cassa Depositi e Prestiti, ossia la cassa che riceve il risparmio postale ed essendo Fincantieri ancora in mani statali, è giocoforza prenderli da lì.
Ci sono, però, due ragioni che s’oppongono a questa semplice soluzione – prestarli ad un’azienda che ha un portafoglio ordini come quello di Fincantieri non è come darli alla banche, dal Monte Paschi in poi, che s’è “beccato” subito la prima rata dell’IMU da 3,9 miliardi, per poi restituirli e creare un “buco” di bilancio di 5 miliardi (1), ossia peggio di prima – però, proprio per questa ragione, tutti gli avvoltoi bancari e finanziari sono contrari a finanziare del semplice “lavoro”.
Oddio, questi parvenu...perché non investirli sui future del petrolio che promettono così bene? Compro petrolio per 5 milioni di dollari stasera...domani li rivendo ad un centesimo di più ed o guadagnato 50.000 dollari! Perché bisogna lavorare? Salvo poi, quando il giochino non riesce, scaricare tutto sulle spalle degli azionisti – a volte circuiti, altre inconsapevoli: ho amici che mi hanno raccontato i raggiri per poi fare loro firmare le famose “obbligazioni subordinate” – ed oggi si osserva una cosa mai vista: per sanare i folli giochi dei banchieri, si prendono i soldi delle persone. Anche quelli di chi ha un conto sopra i 100.000 euro? Il governo deve decidere.

La seconda, è che tanti aspettano una privatizzazione di Fincantieri – i francesi ci provano dai tempi di Ateliers et Chantiers de Normandie – per “buttarci un piede” e poi...chissà...insomma, se questi rastrellano commesse ovunque, e poi non hanno soldi per costruirle...e se premessimo sui politici italiani e sulle banche di riferimento? Eppure, Fincantieri resiste (ed “esiste”) proprio per la tenacia della sua dirigenza e per le alte qualità delle maestranze: oggi, sono i francesi a temere una “cannibalizzazione” da parte italiana.
C’è dunque una convergenza da molte parti su Fincantieri: basta “consumare” risorse! Il governo vuole avere libertà sulla Cassa Depositi e Prestiti per gestire i suoi affari – debito, “mance” elettorali, buchi di bilancio, ecc – insomma: ma cosa vuole questa gente? Lavorare? Eh sì, ma per lavorare ci vogliono soldi...in mano alle banche, investiti sui mercati emergenti, rendono di più...(quando rendono).

Il paradosso del “turbo” capitalismo – che assomiglia molto all’imperialismo di leninista memoria: vedi le guerre e le imprese neocoloniali – è che il denaro deve rendere profitti nel minor tempo possibile, e il lavoro ne richiede troppo. Ma – direte voi – per fare soldi bisogna che qualcuno produca (ossia lavori) ma per questo ci sono le economie emergenti...non la Cina o l’India, no...oramai si parla d’Indonesia...200 milioni di potenziali lavoratori...gente che lavora per un pezzo di pane...e cosa credete sia l’Ucraina, una semplice storia di missili? Per averli 500 chilometri più avanti quando la loro gittata è di 15.000? No, l’Ucraina è un posto dove, attualmente, la gente lavora per il corrispettivo di 100 euro il mese: piatto ricco, mi ci ficco! Solo che, lassù, è roba per i tedeschi, che non vogliono altri rompiscatole. Sentito parlare di Lebensraum d’hitleriana memoria?

La soluzione da trovare riguarda le popolazioni: come si può fare per tenere buona gente che non ha un reddito sicuro, o scarso, o nullo? La soluzione l’ha suggerita, a suo tempo, George W. Bush: lo stato sociale “caritatevole”, il welfare della mano tesa. Se non basta, ci sono i lacrimogeni e, se non bastano i lacrimogeni, si spara. Si noti: Padoan (sul decreto “Salva banche”): “non daremo rimborsi, bensì aiuti umanitari”. Carità.
L’Italia è straordinariamente avanti su questa strada, poiché è l’unico Stato europeo a non avere separazione fra assistenza e previdenza. Non c’è mai stata! Ci ha sempre pensato e ci pensa l’INPS!

Pensioni, sussidi, cassa integrazione, mobilità, pre-pensionamenti...tutto nel gran calderone di Tito Boeri! E il governo, grazie alla “riforma” dell’INPS cominciata da Tremonti – ossia la soppressione di qualsiasi controllo interno sull’attività dell’ente – può fare tutta la “carità” che vuole, compresa la carità “pelosa” in tempo d’elezioni!
Sulla “anomalia” italiana – negli altri Paesi l’assistenza ricade sul bilancio statale – c’è un vulnus giuridico enorme, lapalissiano: come si fanno a con-fondere due diritti, quello previdenziale (individuale) e quello all’assistenza (collettivo)? Soprattutto in tempi di sistema contributivo, quando “prendi quel che versi”, ma cosa “prendo”...il “mio” meno la cassa integrazione di qualcuno, il “mio” meno la mobilità di un altro...che senso ha?
Invece, in Italia, si prende una cassa qualunque e, con essa, si finanzia l’assistenza: domani potrebbe toccare alla Cassa Depositi e Prestiti...basta che ci siano soldi da rastrellare...ricordate le famose “cartolarizzazioni” di Tremonti? Ovvio che hanno lasciato buchi di bilancio enormi, perché era sbagliata la premessa di vendere il Colosseo (cartolarizzandolo) per far quadrare il bilancio.

D’altro canto, quando un Paese vive per anni governato da una classe dirigente completamente fuorilegge – non perché dichiarato dall’Arcivescovo di Costantinopoli, ma dalla sua, stessa Corte Costituzionale! – cosa c’è ancora da spiluccare sul fronte del Diritto? Sono degli abusivi, dei portoghesi (in senso calcistico), dei falsari...gente che andrebbe giudicata e condannata, non osannata e riverita!

Il tirapiedi che hanno sistemato all’INPS, adesso, lancia allarmi ai giovani – andrete in pensione a 70 anni! Con 350 euro! – nella speranza che gli diano una mano non per “tagliare le unghie” alla classe politica & aggregati, che fanno il “sacco” della provvista previdenziale, ma a coloro che prendono una pensione di 2.000 euro (lordi) – 1.600 netti – per portare anche questi nella fascia di povertà. Poveri è bello, soprattutto dopo aver lavorato una vita.
D’altro canto, la Corte Costituzionale ha già sancito la correttezza che gente come Amato incassi 31.000 euro e rotti il mese e che Ilona Staller (Cicciolina) prenda più di 3.000 euro per una sola legislatura, sponsorizzata da Pannella. All’epoca, gliel’avrà data? Mah...

Il problema di Boeri è recuperare (al voto, al consenso, ecc) quella larga fascia (milioni di persone) che è rimasta nel “limbo” della riforma Fornero: ossia coloro che, oggi, hanno dai 60 ai 66 anni: ah, se potesse dare loro qualcosa (sempre nell’ottica caritatevole di Bush II) e portarli a Renzi in dono! Perché Renzi un po’ disperato lo è: mica per nulla fa gli occhi dolci alla mafia siciliana per il Ponte sullo Stretto, che è ricomparso dal libro dei sogni! Altrimenti, non basta più Berlusconi come soccorso in Parlamento...B. oramai se ne frega, basta almeno “vederla” ogni tanto, bei tempi quelli del bunga-bunga...e non ce la fa più a tenere insieme che qualche voto...qui, il M5S va a vincere! (Poi, vedremo cosa saranno capaci di fare...)

Così, il buon Boeri s’è studiato di tagliare le pensioni più “ricche” – ossia di quelli che almeno campano – per fare una sola classe di pauperes, quelli dai 500 ai millecinque: dai tremila-quattromila in su bisogna lasciarli tranquilli...eh, sono quel che rimane dell’elettorato di Forza Italia...
Combinate i dati che abbiamo citato.

Le olive non s’hanno da raccogliere, perché ci conviene di più fare affari con gli spagnoli & company – e si dimentica che in Francia si va ancora in pensione a 61-62 anni, ma molti non sapranno che la Francia è principalmente un Paese agricolo, non industriale – mentre le navi non sono da costruire perché costa troppo fornire capitali a Fincantieri, quei soldi ci servono per tamponare mille altre cose...comprese le pensione d’oro a migliaia di persone, altrimenti si crea un buco di bilancio.
E, per risolvere l’arcano, si tagliano (con la scusa del contributivo, come se i boiardi di Stato avessero versato tutti quei contributi!) le pensioni intorno ai 2.000 euro (lordi) e si fa un po’ di carità (Bush II) a coloro che vanno avanti a pane e latte.

In altre parole, ci si dimentica di un assioma dl capitalismo “sano”: investimento di capitali, maestranze, materie prime e lavoro. Quindi, profitti e salari, sui quali poi si va a discutere per la loro divisione, ma quella è ancora una discussione “sana”, perché basata su ricchezza creata, non sulla fuffa.
Non si capisce più quale tipo di capitalismo sia quello di Renzi & Co...capitalismo “magico”? “stordito”? “fantasioso”? “deliquescente”? “brigantesco”? Ma lo sapranno quali sono le regole del capitalismo?

Tutto bene? Ok, magari ci salta fuori anche il Ponte sullo Stretto: avanti tutta!

29 novembre 2015

Che ne facciamo di questo Bucintoro?



Abbiamo nuovamente il Bucintoro. Splendida nave, davvero: ma non ha più le dorature a guazzo, i fregi e le sculture. Ha, invece, cannoni a tiro rapido, missili e (dovrebbe avere) aerei: stiamo parlando dell’orgoglio nazionale, dell’ammiraglia della flotta italiana: la portaerei Cavour.
La quale, poveraccia, rischia d’essere declassata – a pochi anni dalla nascita – a semplice portaelicotteri: come uno studente al quale dicono: “no, tu, più che qualche corso d’avviamento al lavoro...”. Poveraccio, come ci rimane male, e come ci rimarrà la Cavour se continuerà la vulgata imperante, quella che recita che diventerà una splendida portaerei con gli F-35.

Vediamo perché “osiamo” fare questa affermazione, ma non per la nota polemica sugli F-35: per altre ragioni, forse meno conosciute, ma più decisive. La nave non potrà mai operare come portaerei, perché non è adatta al velivolo scelto, né è stata costruita con i requisiti di una portaerei.

Prendiamo in esame i pesi, a vuoto e massimi al decollo, degli unici tre (in realtà solo due, lo Yak-141 non entrò mai in servizio, e non consideriamo il vecchio Yak-38) velivoli V/STOL:

F-35B: 13.300 – 31.800 Kg
Harrier II: 5340 – 14.100 Kg
Yakovlev 141: 11.650 – 19.500 Kg

I pesi degli Yakovlev sono quelli dei pochi prototipi costruiti: l’aereo, in ogni modo, conquistò 12 record mondiali per la categoria VTOL, riconosciuti dalla FAI.

Soprattutto il confronto dell’F-35 con l’Harrier rivela un “passo” molto diverso, ossia da un aereo specificatamente progettato per l’impiego V/STOL da piccole portaerei, si è passati ad aereo terrestre adattato: la Spagna, ad esempio, non ha preso in considerazione l’F-35B per la sua piccola portaerei “Principe de Asturias”.
Noi, invece, abbiamo costruito una portaerei un po’ più grande, ma sempre più modesta delle “Tarawa” (e classi successive) dei Marines statunitensi – che hanno un ponte di volo di circa 30 metri più lungo: 30 metri, non sono pochi in decollo/atterraggio – e poi abbiamo deciso che sì, poteva imbarcare anche un po’ di battaglione San Marco, con mezzi blindati e tutto il resto. Così, una nave di nemmeno 30mila tonnellate di dislocamento, dovrebbe fare la portaerei e la nave da sbarco: in più, dovrebbe gestire un aereo pesantissimo: ma vi sembra possibile?!?

E questo è uno dei problemi dell’F-35B: in primis, l’aereo è stato valutato sulla Tarawa e ancora non si sa se verrà costruito, per problemi tecnici (riscontrati in prova proprio sulla nave) e perché sono pochi aerei, rispetto agli ordinativi delle altre versioni. Di conseguenza, c’è il rischio che la Cavour, terminata la vita utile degli Harrier, rimanga una semplice portaelicotteri, incapace di proteggere i convogli mediante la componente aerea, mancando clamorosamente l’obiettivo previsto per un Paese che intende “difendersi”.
A parere di chi scrive, durante la lunga e contrastata crociera di un paio d’anni fa per fare da “salone itinerante” dei prodotti militari italiani, l’obiettivo migliore sarebbe stato uno solo: venderla.
In definitiva, l’aereo è pesante, troppo pesante per appontare sulla Cavour: ci spieghiamo meglio.

Una volta decollati grazie allo sky jump, gli F-35 devono pure tornare; qui entra in gioco l’eccessivo peso che abbiamo sopra riscontrato: oltre 30 tonnellate! Quasi un TIR a pieno carico!
In condizioni di bassa pressione e caldo umido, i motori non ce la fanno a fornire la spinta necessaria all’atterraggio verticale (1) e, dunque, l’aereo deve scaricare il carico bellico in mare e parte del carburante: la cosa, già fa rizzare i capelli.
Il problema (che si presenta sempre quando gli aerei sono in ricognizione armata) è quello di scaricare non solo le bombe (costano poco) ma i missili, i quali hanno dei prezzi che vanno da 1 a 2 milioni di euro l’uno: mettiamoci solo 4 missili e un po’ di carburante...voilà: 6-7 milioni ai pesci. Per aereo. E per appontaggio.
Ovviamente, è impossibile: c’è un’alternativa B? Sì, c’è, ma si chiama “fabbrica di vedove”.

L’aereo, invece d’appontare verticalmente, s’avvicina a bassa velocità alla nave ed apponta “normalmente” (come sulle grandi portaerei) “manovrando” sulla rotazione degli eiettori – in questo modo affida ancora una parte della portanza alle ali – poi, appena toccato il ponte, subito una spasmodica frenata per fermare 30 tonnellate d’aereo in 120 metri. Auguri. Forse può funzionare con un Harrier, ma non con un bestione da 30 tonnellate.
Per questa ragione affermavo, prima, che i 30 metri di differenza da una Tarawa fanno già una differenza, quella fra fermarsi al limite del ponte o finire in mare: in ogni modo, anche i Marines sono poco convinti.
Per i non addetti, ricordo che questa versione dell’aereo non avrà a disposizione il tradizionale gancio d’appontaggio.

Insomma, abbiamo costruito la portaerei fidandoci dello zio Sam, il quale è nei guai fino al collo per i tanti problemi dell’aereo, al quale s’è aggiunto questo – che, ricordiamo, riguarda solo l’eventuale F-35B – e che potrebbe far pendere la bilancia verso una cancellazione del programma della versione a decollo/atterraggio corto/verticale.
Gli USA non hanno questi problemi: la US Navy già sperimenta il “superdrone” Pegasus per la difesa aerea, che ha un raggio d’azione doppio rispetto al F-35 e costa la metà (2). Insomma, che alla fine resteremo in braghe di tela non è proprio una certezza ma – diciamo – un serio “dubbio ben motivato”.

Cosa succede nel mondo?
Il Regno Unito sfoglia la margherita come l’Italia – nel senso “aerei convenzionali o a decollo verticale”? Ovviamente, prima di costruire le portaerei. La Francia ha i Rafale (convenzionali), la Spagna rinuncia, l’India imbarcherà (?) i convenzionali Mig-29 con ali ripiegabili, la Cina ha copiato dei Su-27 russi...insomma, molta confusione sotto i cieli orientali.
Noi, restiamo in mezzo al guado, anche perché ci sono molti dubbi che la portaerei sia poi così importante come si crede, e come la II G.M. ce l’ha lasciata, ossia come una regina: o una grande papera in mezzo al mare?

Dopo l’ “exploit” del (quasi) sconosciuto missile russo Kalibr – lanciato contro le installazioni terrestri dell’ISIS da una corvetta nel Mar Caspio (3) – ci preoccuperemmo molto, se fossimo un ammiraglio in comando su una portaerei, di riportare a casa la baracca. Perché, lo stesso missile può essere lanciato da sottomarini, il che lo pone assolutamente all’esterno di qualsiasi area di ricerca e soppressione della minaccia subacquea, sia mediante aerei sia con gli elicotteri. Ricordiamo che il Kalibr è dotato di autoguida terminale sul bersaglio.
Questo, però, è un altro discorso che riguarda l’uso della portaerei nel suo complesso: altra cosa è stabilire che fare di una portaerei come la Cavour.

Premesso (per la seconda volta!) che venderla sarebbe la miglior cosa da fare, la nave andrebbe ristrutturata radicalmente, poiché si tratta di un ibrido senza senso: piccola portaerei, modesta nave da assalto anfibio. Questa è stata l’impostazione errata: far convivere sulla stessa nave due esigenze diverse, la seconda delle quali cozza violentemente contro le impostazioni della difesa italiana. Chi dobbiamo andare ad assalire a migliaia di chilometri dalle nostre coste? Con una nave? Due? Tre? Ma lasciamo perdere...
Diversa è la faccenda se si torna all’impostazione originaria: difendere “Blue Water” (ossia anche in pieno Mediterraneo) gli interessi italiani e le proprie navi mercantili. Uno strumento potente per l’offesa che potrebbe recare al nemico, non certo con qualche Harrier e pochi elicotteri come oggi.

Una portaerei che, a pieno carico, disloca 28.000 tonnellate è in grado, se ben strutturata, d’imbarcare circa trenta velivoli: lasciamo la scorta antisom alle fregate e concentriamoci sugli aerei. Diciamo, un mix di 24 aerei e 6 elicotteri.
I dati non sono campati in aria: sono pressappoco quelli delle vecchie Kiev della Marina Sovietica (simili per tonnellaggio).
Il problema è dove andare a prendere gli aerei: gli Harrier invecchiano, gli YAK non ci sono e l’F-35 s’appresta ad essere il più grande “bidone” che lo zio Sam ci va a rifilare. Dove prenderli?
Ma in Italia!

C’è un aereo, italiano, che è stato venduto in Israele, Polonia, Qatar e che partecipa alla selezione per un nuovo velivolo americano! Buy italian?
Si tratta dell’ottimo Alenia Aermacchi M-346 Master (4), un addestratore di quarta generazione il quale, però, presenta caratteristiche molto prossime ad un caccia leggero, ovviamente nella versione monoposto.

Le stime prevedono che il modello sarà costruito in oltre 600 esemplari entro il 2020, escludendo la versione da combattimento, alla quale a volte ci si riferisce con la designazione non ufficiale M-346K. Quest'ultima è un candidato alla sostituzione del caccia leggero Northrop F-5E Tiger II, diffuso in numerose aeronautiche militari nel mondo.” (Wikipedia)

Difatti, in Israele ed in Qatar l’aereo è stato venduto nella configurazione da addestramento – poiché la legge italiana impedisce la vendita di armi a Paesi che hanno conflitti in corso (la solita foglia di fico italiana) – ma, da quelle parti, poi, si modifica...

Insomma, si tratta di un buon velivolo. Vediamo i dati, comparati al Sea Harrier ed al F-35:

F-35B: 13.300 – 31.800 Kg
Harrier II: 5340 – 14.100 Kg
M-346 Master: 7400 –10.200 Kg

Lontanissimi entrambi dalle quasi 32 tonnellate dell’F-35, i due aerei sono abbastanza simili per prestazioni: entrambi subsonici con 1,2 Mach di velocità di punta…certo, il secondo è un addestratore e, dunque, bisognerebbe valutare i pesi una volta “sbarcato” il secondo seggiolino, caricato un radar aria-aria, eccetera...però, diciamo che a pesi ci siamo. E i costi?

L’addestratore costa 20 milioni di euro: il caccia costerà di più, ma sempre intorno ad un terzo di un F-35, il quale costa circa 100 milioni e non si sa nemmeno, nella versione “B”, se verrà costruito e quanto costerà.
Quindi, potremo avere una linea di volo per la Cavour che costerà circa 1 miliardo, contro i 3 del (ipotetico) F-35. E sarà un prodotto costruito in Italia, che darà lavoro agli italiani, non come i pochi posti creati a Cameri per l’occasione.
C’è un solo problema: non è un velivolo a decollo verticale, ma convenzionale, anche se i dati di corsa di decollo sono molto promettenti, 280 m, e per l’atterraggio 580 m (5). Pur ricordando che il velivolo, in configurazione da difesa aerea sarebbe piuttosto leggero (bombe e missili aria-terra pesano molto) – potrebbe essere armato con 4 AIM-120 Amraam e due Sidewinder, come l’Harrier, ed imbarcherebbe un migliaio di chili o poco più, poca roba – però necessiterebbe comunque di catapulte per il lancio e sistema di cavi (gancio) per l’atterraggio. E’ possibile?

In teoria sì, nulla è impossibile...dipende dai costi e dalla volontà di farlo, perché i costi non sarebbero tanto sul velivolo, quanto sulla nave.
Il risparmio sugli aerei, rispetto agli F-35, sarebbe di circa 2 miliardi: bastano per ristrutturare la nave da così:



a così?

La prima (in basso) è la Cavour com’è oggi, mentre le due (ipotetiche) configurazioni in versione “vera portaerei” si differenziano per una diversa disposizione delle catapulte: la cosiddetta “isola” con il fumaiolo, ecc, non andrebbe modificata. Sarebbe una ricostruzione/modifica pari a quelle che subirono alcune portaerei dopo la II G.M. con l’ingresso in servizio dei jet, come le inglesi classe Majestic o le americane classe Essex: per le Essex, ad esempio, furono necessari 7-8 mesi di lavori. Non soffermatevi troppo sui dettagli dei disegni: sono soltanto delle indicazioni.

La Cavour è costata (secondo Wikipedia) 1,35 miliardi, secondo l’ex ministro Mauro (6) 3,5 miliardi (semplicemente, 1,5 la nave e 2 miliardi gli aerei: gli americani gli hanno fatto uno sconto da 3 a 2 miliardi? Dubitiamo) ma la cosa non sposta i termini del problema, anche se (secondo alcune stime) gli F-35B verrebbero a costare 140 milioni l’uno, l’aereo più costoso della storia.

O ce la teniamo così, azzoppata, senza aerei o, al più, con degli aerei che daranno problemi dal primo all’ultimo giorno di servizio – l’F-35, di guai, ne ha a bizzeffe: motori, elettronica...nulla va per il verso giusto...ma la considerazione del troppo peso, in appontaggio, su un ponte così piccolo taglia la testa al toro – oppure la modifichiamo o, meglio, la vendiamo (terza volta) sempre che qualcuno la voglia, perché di scemi che tirino fuori fior di soldoni per una nave del genere mica se ne trovano tanti.
L’errore non è stato solo progettare la nave in sé (la duplice missione, difesa aerea e proiezione di potenza, su una nave così piccola), ma l’aver costruito una nave fidandosi degli americani ad occhi chiusi e, soprattutto, senza riflettere sul rapporto misure del ponte/pesi dei velivoli.

Il discorso generale, per l’Italia, di possedere una portaerei ci conduce direttamente alle spese per la Difesa: il 73% dei fondi che il Ministero dell’Economia destina alle imprese, anche quest’anno, andrà al comparto difesa. Ma l’Italia si muove fra il 7° ed il 9° posto (secondo gli anni) nella classifica dei venditori di armi, con una fetta del mercato mondiale intorno al 2% (7): in altre parole, vendiamo bombe, ma quanti italiani ci campano sopra?
Dall’altra, a forza di ricordare “si vis pacem, para bellum” si finisce per andare a bombardare la Libia, in Iraq e tutto il resto...ma, serve avere delle armi per difendersi?

Lascio ad altri questo dilemma, vecchio come il mondo, e ritorno alla Cavour: a meno di credere alla favoletta del F-35B che tutto risolverà...che facciamo, la ormeggiamo a Venezia e poi tiriamo fuori questo moderno Bucintoro, una volta l’anno, per celebrare il matrimonio con le acque?

(7) https://en.wikipedia.org/wiki/Arms_industry#World.27s_largest_arms_exporters

24 novembre 2015

Un missile di troppo


Sukhoi-27

L’abbattimento del cacciabombardiere Su-24D russo sul confine turco-siriano è un affare di poco conto, oppure una vera e propria “boa” scapolata dai turchi, secondo come il Ministro degli Esteri russo Lavrov si esprimerà domani (25 Novembre) ad Ankara. E da come risponderanno i turchi.
In altre parole, le carte – oggi – sono tornate in mano russa ed i turchi potevano, francamente, non andarsi a cercare “grane” col potente vicino, visto che dimostrare la territorialità dell’abbattimento sarà molto arduo e, in definitiva, di scarsissimo interesse: ciò che conta, è il dato politico.

Avremo modo di conoscere com’è andata la missione turca di Lavrov nelle prossime settimane, tenendo d’occhio la composizione aerea della missione russa in terra siriana: oggi, è composta soltanto da cacciabombardieri, quali sono i Su-24D e, parzialmente, anche i Su-34. La differenza fra i due velivoli non è soltanto una questione di “età elettronica” (anche i Su-24D, ampiamente rimodernati, sono comunque ottimi velivoli) bensì di “qualità radar”. Semplificando: mentre il Su-24 può soltanto lanciare – nel confronto aria-aria – missili con guida all’infrarosso e poche miglia di gittata (autodifesa), il Su-34 può lanciare anche missili a guida radar attiva, con portate dell’ordine delle 25 miglia nautiche, 50 chilometri circa, che è tutto un altro affare. Pur rimanendo un aereo per l’attacco al suolo.

Politicamente, quindi, la scelta di puntare sul Su-24 è stata una scelta politica, un modo per dire “svolgiamo la nostra missione anti-ISIS e basta”, lasciando ai pochi Su-34 schierati il compito, più che altro, di “mostrare la bandiera”.
Non si spiega altrimenti la scelta d’inviare una missione aerea senza protezione in aria, giacché l’ISIS non ha aviazione – e in aggiunta c’è l’aviazione siriana a sorvegliare i cieli – in un territorio molto conteso, dove operano due aviazioni temibili e ben equipaggiate, come quella israeliana e quella turca.
Di certo, Lavrov chiederà la certezza assoluta che simili attacchi – da ogni parte provengano – non abbiano più luogo, giacché è evidente che uno sconfinamento di poche miglia non implica nessun pericolo per la Turchia.

Solo per citare un esempio, durante le prime fasi dell’ultimo conflitto in Jugoslavia, un giorno d’Estate una mia cara amica era al mare, ed andare al mare – per i triestini – significa spostarsi o verso Miramare, o verso Muggia, che è cittadina di confine. Ebbene, quel giorno s’era recata in una spiaggia nei pressi di Muggia, quando udirono un frastuono assordante e, dalle loro spalle, sbucò una formazione di cinque Mig-29 (sloveni? croati? serbi?) la quale – probabilmente per l’abbrivio e l’inerzia del volo a quelle velocità – era ampiamente sconfinata in territorio italiano. I Mig virarono subito e cabrarono in alto (per diminuire la velocità e manovrare meglio): in ogni modo, giunsero quasi sulla città di Trieste prima di rientrare in Slovenia.  Tutto avvenne in pochissimi minuti e nessun aereo italiano, ovviamente, si alzò poiché fu preponderante il dato politico: nessuno di quegli aerei ce l’aveva con l’Italia, ed avevano abbastanza guai in casa propria per cercarne degli altri.
Così saranno andate le cose anche su quel confine fra Turchia e Siria, ma i turchi hanno reagito: perché?
Poiché il dato politico è diversissimo.

L’ordine d’abbattere l’aereo russo è probabilmente giunto dal quartier generale Nato di Bruxelles – sconfinamenti di questo tipo, in quelle situazioni, sono comuni – ed alla Turchia poteva far piacere oppure no, ma ha dovuto obbedire.
La Turchia non vede poi così male la missione russa, poiché l’ISIS è una minaccia anche per il partito moderato di Erdogan, però c’è l’altro aspetto, ossia l’alleanza con Assad, la sua difesa come fedele alleato del fianco Sud dell’Orso Russo. E, questo, è un bastone fra le ruote per Ankara: ma la contrapposizione fra russi e turchi è vecchia di secoli, dalla battaglia di Sinope in poi.

Quello turco è stato dunque un avvertimento, una sfida che – ovviamente – non viene lanciata da Ankara, bensì da Washington (per la questione ucraina), Bruxelles (per servaggio nei confronti USA, l’UE non ha interessi a controllare militarmente l’Ucraina, anzi) e da Tel Aviv, per una sorta di “no fly zone” che la presenza dei russi ha stabilito – di fatto – nell’area, e che “infastidisce” molto Israele.

C’è, infine, la questione petrolifera che ruota intorno al porto di Tartus, alla quale tutti sono interessati, ma è una contrapposizione meno rischiosa: in ambito energetico, tende a prevalere l’accordo piuttosto che la violenza, soprattutto quando gli attori sono “di calibro”.

Per Mosca si pone quindi un dilemma, che ha – a ben vedere – un’unica soluzione: se la scelta è stata quella di tornare grande potenza sullo scenario mondiale – Georgia, Ucraina, Siria – ora non possono mettere la coda fra le gambe.
Perciò, Lavrov chiederà una sorta di “pass” senza problemi, e senza arretrare di un millimetro nella difesa del regime di Assad: se lo otterrà, non avverrà nulla. Al contrario, vedremo arrivare a Latakia anche i Su-27 e, forse, addirittura qualche Su-35: roba che non ha certo paura degli F-16, turchi od israeliani essi siano.


15 novembre 2015

False Flag: tutto risolto, andate in pace


Il False Flag è il nuovo escamotage per rifiutarsi di capire. Per non comprendere la sequenza dei fatti storici, per cercare scorciatoie che diano audience e confortino, con mezzi semplici, i sempliciotti. Il False Flag è il cugino in terzo grado del cui prodest: almeno, nell’ultimo, c’è spesso qualche sillogismo di supporto.

Noi occidentali tutto possiamo, e ci divertiamo nel continuare a credere alla nostra onnipotenza: questi li mettiamo lì, gli diamo un po’ di missili, devono colpire quelli là, così ci fanno un favore. Poi, andiamo da quelli là e diciamo loro (mentre pubblicamente ci affratelliamo al loro dolore): avete visto che scherzo? Quelli là, masticano amaro ed armano quelli di giù, che vengono su e ci ammazzano un po’ di gente.
Sono tutti False Flag, tutta roba che controlliamo noi a seconda dei nostri obiettivi strategici: tranquilli ragazzi, crepate in pace con un colpo di Kalashnikov che vi perfora le budella e che vi brucia dentro come un granello d’inferno, è solo un False Flag, è gente nostra, che lavora per noi.

Mi metto a leggere e scopro una marea d’incompetenti, di gente col cervello all’ammasso, che s’inventa tutto ed il suo contrario per mettere il proprio nome in calce ad un articolo. Quante volte l’Iran doveva essere bombardato, invaso, massacrato? Quante volte l’hanno scritto?
Andiamo per ordine: cercherò d’essere il più breve possibile. Ma, perdio, se si vuole capirci qualcosa bisogna pur citare fatti, fonti, eventi, personaggi...e ci vuole un po’ di tempo. Altrimenti, c’è il False Flag che acquieta in breve tempo, come l’Aspirina.

Fino al 1980 lo schema è bipolare: noi vi facciamo una cacca lì e, domani, i sovietici ce la rimandano di qua, business is usual.
Ma, quella mente diabolica di Brezinskji s’inventa un trucco per cacciare i sovietici da Kabul: proviamo ad armare i mujaiddin afgani, così fanno la guerra per noi. Noi guadagniamo su petrolio ed oleodotti e quelli – perché sono fessi – crepano. Approvato per acclamazione.
Succede, però, e questo non molti lo sapranno che, nel 1981, in un albergo di Peshawar si riunisce uno strano gruppo: la figura più importante è un miliardario saudita, facente parte della famiglia reale, un tipo elegante, che fino a qualche anno prima girava le capitali europee vestito all’ultima moda.
Quest’uomo ha un’idea: i sovietici sono oramai bolliti, e dopo, che facciamo? Abbiamo armi in abbondanza, soldi in abbondanza: perché non ci mettiamo in proprio?
Così viene gettata la prima pietra dell’attacco di ieri, anche se i protagonisti, oggi, sono diversi anni luce da quei loro antenati.

Ma scoppia la guerra in Jugoslavia, ed ecco la prima uscita “in proprio” – ampiamente tollerata dagli euro americani, perché toglieva loro la castagna serba dal fuoco! – ma i croati, in Erzegovina, vogliono fare i padroni e ne vogliono un pezzo (Mostar compresa): ecco allora le due divisioni musulmane Handsar e Kama prontamente ricostituite – completate con i nomi originali che ebbero in epoca nazista, quando combatterono contro i partizan jugoslavi – che difendono Sarajevo, Jablanica, Mostar. In gran parte contro i serbi: il copione si ripete, ma la contrapposizione contro i croati, cattolici, è forse pari a quella contro i serbi. In questo frangente, ecco un embrione delle future guerre “a geometria variabile”: più alleati e nemici, con i quali mercanteggiare sul campo di battaglia, trattare e combattere, alla bisogna.

Ecco cos’è quello che noi chiamiamo “False Flag”: perché, ai nostri occhi velati dal nostro modo di pensare – dagli Orazi e Curiazi fino alle trincee, alle mitragliatrici, ai tank, ai sommergibili – così appare. Non può che essere una costruzione, pensiamo, perché è assurdo: vi chiedo, gentilmente, di contare le assurdità della Jugoslavia o quelle, forse più conosciute, dell’Iraq tripartito fra curdi, sciiti e sunniti. Più le truppe occidentali, a tentare inutili mediazioni.
Andiamo avanti.

Giunge la prima Guerra del Golfo: la sola, per importanza mediatica e sociologica.
Un giovane Ennio Remondino – grande giornalista – inviato ad Amman per osservarla e riferire, ha una vera e propria illuminazione. Cito: “Ci stiamo giocando il sostegno delle borghesie arabe”.
Ai più, la frase passa inosservata: e chi se ne frega delle borghesie arabe? Noantri semo più bbravi, semo forti...

In Paesi con scarsi apparati industriali, la borghesia è la classe dominante per antonomasia, nel senso che quasi “è” lo Stato: funzionari, militari, finanza, sanità, istruzione. Perdete la borghesia, e non ci sarà altra classe sociale sulla quale contare: avrete perso lo Stato, od il potere, se preferite.
Siccome il potere è spesso sorretto dall’Occidente – pensiamo alla Giordania (GB) od al Libano (F), (accordo di Sèvres, 1920) – perdere il consenso della borghesia significa tranciare qualsiasi liaison con l’Occidente.

Non stiamo parlando di petrolio o di armi, bensì di sociologia: dobbiamo entrare nella mente di un borghese mediorientale, seduto sul divano di fronte ad Al-Jazeera, il quale ascolta, medita ed osserva. Pensa: ci bombardano come cani, ci massacrano, mentre Israele può fare tutto il c... che vuole e nessuno dice niente. Quelli hanno l’atomica e l’Iran non può averla: perché? L’ONU ha più volte richiamato, con risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e con voti dell’Assemblea, Israele: deve tornare nei confini ante 1966. E quelli se ne fottono. Per Saddam, un mese di tempo per sloggiare dal Kuwait, il quale gli doveva un sacco di soldi per la difesa contro l’Iran e, in aggiunta, grazie ai Bush-petrolieri, gli fotteva pure il petrolio, trivellando in diagonale dal confine kuwaitiano per “pescare” nel giacimenti iracheni.
Ecco che passano sui teleschermi le immagini dei bambini bruciati, inceneriti...dei rifugi carbonizzati come scatole di fiammiferi ed il nostro funzionario di banca, o colonnello giordano pensa: perché dobbiamo sempre riverire questa gente? E’ dai tempi di Mossadeq che ci fregano, che ci rubano, che ci disprezzano.
E’ il 1991.
Un giovane nato in quell’anno, oggi ha 24 anni: quanti anni hanno i miliziani di Parigi?

Non starò a ricordarvi tutto quello che avvenne in Iraq ed Afghanistan dal 2003 in poi: se cercavate un luogo da trasformare in una grande madrassa (scuola islamica) a cielo aperto, lo avete trovato. Milioni di giovani che hanno visto i fratelli, i cugini con le schegge d’Uranio impoverito nelle carni, delle madri mute e piangenti ai loro capezzali mentre, in silenzio – e lentamente – morivano in ospedali sporchi, bombardati, fatiscenti, con pochissimi medici affannati che lottavano la loro impari guerra contro la morte.

Ma le guerre a geometria variabile lasciano anche altri orpelli, seminano mezzi di morte molto evoluti per tutti: quanti Stinger (missile terra-aria) hanno fornito gli USA agli afgani per usarli contro i sovietici? Eccoli che tornano: basta inquadrare il bersaglio, attendere che il reticolo acquisisca l’immagine del velivolo e premere il grilletto. Facile no? Un aereo militare può tentare virate al limite dei 9 G per fuggire, un velivolo civile cade come una pera.
Poi ci sono i soldi, tanti: grazie a zacat e saddaqa (le forme di carità islamiche) si possono distribuire risorse, tante, a tutti coloro che desiderano combattere l’odiato nemico. Perché? Poiché l’Occidente non può fare a meno d’importare colossali petroliere tutti i giorni dell’anno dai giacimenti sauditi, kuwaitiani, iracheni...l’occidente deve far vorticare i suoi macinini a petrolio, altrimenti il PIL crolla, le azioni crollano, i finanzieri scappano. Magari proprio dalle parti del Golfo.
C’è il turismo? Basta una sola sparatoria in un museo di Tunisi, e Costa Crociere e MSC cancellano tutti gli scali in Africa Settentrionale: adesso vedremo che fine farà Sharm el Sceik. Con meno soldi, anche i miliziani costano di meno: ieri con 1000 dollari – poniamo – ne inquadravi 10, oggi 20...o forse di più...
C’è ancora un “regime” che si oppone a questo andazzo, è quello di Gheddafi: spazzato, anche con l’aiuto degli italiani coglioni.

Perché, vedete, il “False Flag” non si occupa delle singole azioni: ma vi figurate? Imposta una strategia, poi sono gli altri a fare.
Perché l’Europa deve stare agli ordini USA, ma la Germania vuole fare affari con la Russia (Opel Magna, ad esempio) ed ai crucchi non frega nulla dei missili americani in Ucraina: la Crimea e l’Est possono pure tornare alla Russia, a noi importa poter impostare tante belle fabbriche di “made in Deutschland”, dove si costruisce con gente pagata (oggi) 100 euro il mese. E che volete che sia, gliene daremo 200 e saranno contenti! Il Donbass? Ma che se lo prenda pure Putin...
Ecco, allora, che la Germania diventa amica e nemica allo stesso tempo, in un perfetto schema a più parti ed a “geometria variabile”.
La Francia, perché la Francia?

Poiché il modo di pensare, il modo di vivere francese è il più odiato dagli islamici (odierni): sentito parlare di Illuminismo? Certo, anche i bombardamenti...ma la Francia non è mica l’unica a bombardare l’ISIS...
Nella Baghdad del IX secolo, un certo Abu-l-Hasan Alì al-Masudi – un enciclopedista – affermò “solo la logica (kalam) può riconciliare in pieno ragione e fede”: l’affermazione gli costò 10 anni d’esilio al Cairo. Qui da noi, lo avremmo passato sulla graticola all’istante: Giordano Bruno insegna.

Ma, dalla Baghdad gaudente di quei secoli – una vera Parigi, per cultura e divertimenti: paradossale vero? – ad oggi c’è di mezzo un certo emiro, tale Al-Wahabi, il quale pensava che l’Islam dovesse essere il meno tollerante possibile e che la vita dovesse essere sofferenza e privazione. Nulla delle “prescrizioni” di Al-Wahabi è, ovviamente, contenuto nel Corano: dall’infinito tormentone sugli abiti delle donne islamiche al divieto di guidare autoveicoli per le donne saudite (Al-Wahabi era un uomo del 1700!).
Ma strinse amicizia con un altro personaggio, un certo Al-Saud che – col trascorrere dei secoli – divenne il capostipite della casa regnante saudita. E i sauditi crearono questo regno anacronistico, dove si taglia la testa alle persone anche per un incidente stradale, dove non c’è un Parlamento e dove le donne non possono guidare per editto reale. Un pezzo di medio evo con, al posto delle carrozze a cavalli, le Rolls-Royce: un ricchissimo anacronismo.

Se vi recate in Bosnia, notate un particolare: le moschee – distrutte dalla recente guerra – sono state tutte ricostruite. Ma, al posto del tradizionale stile ottomano, sono tutte costruite in puro stile saudita: in altre parole, i sauditi esportano soldi (ne hanno tanti) e cultura. La loro, quella impostata da Al-Wahabi.
Non stupitevi dunque se la parola “crociato” è ripiombata nel lessico, se si parla di nuovo della riconquista di Granada, oppure di Lepanto: tutti concetti di un tempo lontano i quali, se parlate con un magrebino, li conoscerà a menadito. Non gli eventi, le parole e basta: “un giorno” noi eravamo a Granada. Quale giorno? Eh, tempo fa...Quanto? Mah, tempo fa...Non lo sanno.
Questa cultura raffazzonata non esce da Al-Azhar, si crea sul Web senza controllo: fa più un video dell’ISIS con colpi di mitra e gole tagliate di mille libri, questo è certo.
Allora, perché la Francia?

Poiché, se ci riflettete un attimo, non c’è nulla di più distante del credo wahabita dal “credo” illuminista, che è proprio l’opposto di un credo, per questo è virgolettato.
Da un lato, tutto discende dal “libro” (falso, dei dettami wahabiti nel Corano non c’è nulla) e deve essere seguito come parola di Allah, dall’altra tutto deve essere prima valutato, passato sotto la lente della ragione. Noi italiani non ci rendiamo conto dell’importanza di questa contrapposizione, poiché siamo una nazione che vive in mezzo al guado: le critiche anti-illuministe del Vaticano non sono un segreto. Altro paradosso: il Vaticano “terra dei crociati” e, lo stesso Vaticano, sulla stessa sponda dell’Islam radicale nei confronti dell’Illuminismo.
Ma chi è questo Islam radicale?

Al-Qaeda di Al Zawahiri è troppo vecchia, troppo legata a schemi tradizionali per stare sulla scena: a ben vedere, Al-Zawahiri viene dal Cairo, da Al-Azhar, ha quasi 65 anni, concepisce la contrapposizione internazionale come uno schema mono-direzionale, non è in grado di comprendere lo schema a geometria variabile con più attori, che mutano le loro alleanze continuamente.
Allora nasce l’ISIS. Da dove viene?

L’ISIS nasce a Tikrit, la città di Saddam Hussein: la prima azione violenta è l’uccisione di migliaia di reclute irachene che si recavano a Tikrit per prendere servizio. Con l’inganno, vengono prima dimesse, poi trucidate sulla via del ritorno: erano tutte reclute sciite.
L’idea è quella di creare una contrapposizione allo strapotere sciita/curdo in Iraq, ritagliandosi un territorio a Nord (Ninive, ecc) con addentellati in Siria e nei territori curdi. Respinti dai curdi, si sono diretti verso la Siria: ecco perché la Russia si è mossa, poiché la Siria fa parte del “bastione Sud” della Russia, quello che protegge il Caucaso ed il mar Nero. Di più: c’è il porto di Tartus, unica base per la marina russa nel Mediterraneo.
Notate come la Russia non si muova per altre aree, ma diventi terrificante (come risposta militare) quando si tocca il fianco Sud: vedi Georgia e, oggi, Siria. La Cecenia, guarda a caso, è sulla stessa strada.
Che fare dunque?

La questione si chiuderà semplicemente lasciando lavorare i russi in pace: probabilmente, dopo Parigi, si muoveranno con più convinzione anche i francesi, se non altro per pressioni interne. In ogni modo, tre mesi di missione russa con 50 velivoli e l’ISIS scomparirà, non esisterà più come struttura militare. Un fallimento americano? Certo, ma gli USA – che continuano a credere alla dottrina Brezinskji – ne studieranno un’altra: sono degli sprovveduti della politica internazionale, capacissimi di vincere le guerre, ma totalmente inetti nel gestire la pace susseguente.
Il vero sconfitto sarà l’Arabia Saudita, che ha fatto il passo più lungo della gamba, ma questo era nelle previsioni: di soldi, i sauditi, ne buttano ogni giorno che passa. Li segneranno, come tanti altri, nel capitolo di bilancio “bizzarrie”.

Una vera soluzione, per il Medio Oriente, passa soltanto attraverso una revisione del passato: gli accordi di Sèvres non si possono oramai cambiare, ma quelli relativi ad Israele sono ancora validi e si potrebbero rivedere, mi riferisco alle risoluzioni ONU.
Altrimenti...andremo avanti così...morirà l’ISIS, si formerà al-qualcosa, poi al-qualunque...e così, via: senza la soluzione del problema palestinese, il mondo arabo non s’acquieterà mai.

07 novembre 2015

Il povero Tito, e poveri noi


Il povero presidente dell’INPS si è visto rigettare la sua ennesima richiesta (1): dare un reddito di 500 euro il mese ai disoccupati 55enni, prelevando il denaro necessario dalle pensioni d’oro di 230.000 persone e da 4.000 vitalizi di parlamentari oltre gli 80.000 euro. Si noti: tutte persone che percepiscono assegni oltre la quota dei versamenti effettuati, vale a dire senza effettiva copertura, un elenco lungo che va dai parlamentari agli amministratori locali fino ai sindacalisti. Insomma, il “cuore” del sistema mafioso di potere.

Qualcuno ha detto “non si può smettere di lavorare a 55 anni”, altri “non si mettono le mani sulle pensioni” ed altre facezie del genere.
Il piano di Boeri era ben congegnato, ed a noi interessa il titolo “Non per cassa, ma per equità”: Dio sa di quanta equità distributiva questo Paese abbia bisogno, visto che il 10% della popolazione possiede quasi il 50% della ricchezza. Ma, qual 10%, ha deciso di tenersela (fra di loro ci sono tutti i parlamentari).

Boeri stesso diede il buon esempio: il suo predecessore, Mastrapasqua – quello che aveva falsificato gli esami universitari, e quindi condannato, e dunque non si capisce come potesse occupare quel posto (oggi è stato rinviato a giudizio per altre malversazioni e truffe varie nella sanità) – percepiva, come presidente INPS, la “cifretta” di 1,2 milioni di euro l’anno. Boeri se l’è auto-ridotta a 120.000 euro, ossia un decimo. Non desidero tessere il panegirico di Tito Boeri, però i fatti sono fatti.

Due aspetti della vicenda mi sembrano interessanti.
Il primo è che, contrariamente alla normalità, è stato il ministro del lavoro Poletti ad “andarci giù pesante” con la proposta Boeri: stranamente, né Renzi si è pronunciato (oltre le consuete frasi di circostanza ed i soliti slanci d’ottimismo sul futuro) ma, soprattutto, totale silenzio dal suo High Controller, quel bel elemento del ministro dell’Economia Padoan, uno che – se lo fissi per più di 3 secondi – ti fa venire una fitta allo stomaco.
A mio parere, è poco credibile che Renzi ed il suo Controller non si siano sentiti: probabilmente, non desideravano uno scontro con Boeri, poiché trovarne un altro non è facile. Oddio sì: le mezze calzette abbondano, sono i veri economisti a scarseggiare. Tutto sommato, meglio tenerselo buono, avranno pensato.

La seconda vicenda riguarda più espressamente la politica economica di questo disgraziato Paese: è lapalissiano che, stornare le cifre eccedenti a quegli altissimi emolumenti per dirottarle su un assegno di disoccupazione (com’è in tutta Europa, salvo Italia e Grecia) avrebbe significato un “travaso” da Wall Street a Main Street, come in gergo sono chiamate la finanza bancaria/industriale/amministrativa (ecc) e l’economia reale.
E’ chiaro a tutti che i 500 euro dati ad un disoccupato sarebbero stati “scialacquati” in spaghetti, biscotti, qualche vestito, scarpe...ossia tutti beni che sostengono l’economia reale (ossia la direttrice vendite-lavoro-posti di lavoro, ecc), mentre nelle mani di chi attualmente li detiene significano grandi investimenti esteri in fondi (azionari, sovrani, ecc), ossia soldi che – al comune italiano – non portano nessun beneficio.

La risposta è allora chiara, soprattutto per un uomo intelligente come Boeri: questo Paese non deve “decollare” bensì sarà gradualmente “decollato”, poiché quei poteri non arretrano di un centimetro.
Vorrei far notare che questa è tutta una questione italiana, ossia interna al bilancio italiano: difatti, Boeri ha precisato le coperture. Qui non c’entra nessun potentato straniero: una partita di giro interna.

Allora, caro Tito: cosa vogliamo fare? Ommini, mezzi ommini, omminicchi, pigliainculo e quaqquaraquà: cosa scegli? Una lettera di dimissioni sarebbe un bel gesto: per te e per l’Italia.

(1) http://ilmanifesto.info/il-governo-silura-la-riforma-delle-pensioni-di-boeri-inps/

24 ottobre 2015

Alea iacta fuit


Se vogliamo trovare un punto d’inizio della nostra disgrazia è impossibile, si dovrebbe tornare a Cavour ed al Risorgimento...ma il 2011 è un anno importante, credetemi, almeno nella nostra Storia recentissima. E’ rilevante perché la rovinafamiglie Fornero decise – lavorando in conto terzi, ovvio, ossia per Monti e per l’UE – di distruggere non solo l’equilibrio previdenziale italiano, bensì la socialità interna alle famiglie, le loro (modeste) certezze, qualche sogno, le sicurezze alle quali tutti abbiamo diritto dopo una vita di lavoro. Con i danni economici conseguenti nell’economia reale: da quel momento, molto è cambiato.
“Rovinafamiglie” è un sostantivo composito, mutuato dai dialetti italiani, il quale identifica una donna – anzi, una donnaccia – la quale irretisce il capofamiglia ai danni della moglie naturale e, dunque, mette a rischio gli equilibri (a questo punto, soprattutto economici) della famiglia. Comunque la pensiate...morale, etica, ecc...questo è il significato comune.

Lungi da noi accusare Elsa Fornero sul fronte della sua moralità femminile ma, agli effetti pratici, il suo agire è stato ben peggiore di quello della più sciantosa fra le sciantose, peggio di una ballerina d’avanspettacolo che si concede nel retro di un teatro, ancor più di una “biondona” dalla pelle già un poco avvizzita che cerca compagnia seduta al banco di un bar. Perché?
Poiché quelle – per quanto si diano da fare – riescono soltanto a rovinare qualche famiglia, al più qualche decina di famiglie: lei ne ha rovinate milioni! E, sottolineiamo, senza nemmeno il corrispettivo godereccio per il capofamiglia!
Oggi, dopo 4 anni di disperazioni varie, conta degli anni, somma di mesi, settimane e limatura di giorni, il disastro è compiuto: s’aggiunga che, dal 2004, l’aspettativa di vita sana è in netto calo e la frittata è fatta.
Questo ultimo dato è agghiacciante: significa una caduta di felicità verticale, di sorrisi, di voglia di vivere. La malattia diventa un rifugio inconsapevole, come la follia lo è per chi non riesce più a destreggiarsi nella propria realtà. Riflettiamo sul gioco d’azzardo, sulle tabaccherie sempre piene. (1)

Basti pensare ai macchinisti delle Ferrovie, che oggi vanno in pensione a 67 anni: hanno un’aspettativa di vita di 64 anni! Colpa dei campi magnetici dei locomotori? Non si sa: Tullio Regge assicurò che i campi magnetici non causano danni all’organismo – come lo sostenne, visto quel complesso elettro-chimico che è il corpo umano, non lo immaginiamo – ma ciò bastò all’establishment per stabilire che il Vaticano aveva ragione e gli abitanti di Ponte Galeria torto. Misteri italiani.
Da quel giorno in poi, i giovani hanno smesso di credere che ci sarebbero stati, in futuro, giorni sereni anche per loro (come poterono constatare per i loro genitori) e chi fu toccato all’improvviso da quelle norme...beh, capì che era stato derubato della vita, della vita vivibile perché, contemporaneamente, abbassarono tutti i parametri (Sanità, servizi, ecc) che coadiuvavano a godere una vita “sana”. Questo argomento è importante, lo vedremo in seguito quando analizzeremo i comportamenti dei vari governi e degli uomini politici.

Oggi, mentre Elsa Fornero si gode la meritata pensione interamente calcolata col sistema retributivo – ci mancherebbe! – i suoi epigoni hanno iniziato il gran gioco dell’Oca Pensionata: come sempre, per andare il pensione bisogna giungere a 90. Tira i dadi, dai.
I giocatori sono il presidente dell’INPS – quel bel faccione di Tito Boeri, che abbiamo visto tante volte ospite gradito ai talk show di Rai3 – quindi il ministro del Lavoro Poletti, viso meno rassicurante, barba rasata corta, aria serissima e, talvolta, un po’ sofferente, come il miglior identikit del massone moderno (nei manuali aggiornati).
I due s’affratellano e si discostano, ma di poco: entrambi sostengono che la situazione è insostenibile – grazie, ce ne siamo accorti tutti nell’osservare un ultrasessantenne che guida un TIR – ma poi si discostano quando Poletti pensa alla promessa di Madama la Fornarina: 80 miliardi di “risparmi”! Da oggi (?) al 2021 (?)...miliardi che fanno sognare il ceto politico...altro che le misere promesse di Renzi...quelli sono reali, conti alla mano, parola di Fornarina la Saggia Piangente.

In ogni modo, se si “sfora” il fatidico “90” – al posto dell’Oca –  s’incontra subito il faccione un poco asfittico e ulceroso (o fegatoso? Mah...) di Padoan...replicante dei tanti Padoa Schioppa (che, bontà sua, l’è sciopà) o di Mario Monti in persona (non si fida nemmeno della governante, dicono le malelingue, e controlla ogni volta che non manchi un calzino)...il replicante scuote il capo con una mossa più che conosciuta...”No, no, no...manca la copertura...” (2)
Così, la coppia Boeri/Poletti torna da capo e ne pensa un’altra (più o meno, sempre la solita), poi getta i dadi sul tavolo (camp’é i dadi però, in piemontese, ha un altro significato) (3) e s’affratella nuovamente nella nuova/solita pensata. Che ne faremo di questa gente che a 63 anni non ce la fa più? E passeggiano: l’uno si pizzica la barba, l’altro gesticola nella nebbia...e noi li lasciamo così, a correre per l’ennesima volta verso il “90”, al loro destino di un Sisifo defatigante...dove troveranno il Replicante...ad libitum.
Perché c’è una cosa che vogliamo raccontarvi.

In questa nebulosa di lanci di dadi, avanzate, ritirate, ripartenze...nessuno ha mai osato andare ad informarsi sulle norme previdenziali dei meno, giacché quelle dei più già le sappiamo.
I meno, per definizione, sono pochi: più si è meno, e minore è il numero. Al vertice della piramide, c’è il Capo dei Capi della Repubblica: il Presidente. Come va in pensione un Presidente?
Beh...sono così vecchi che quando ci vanno...poco importa...
Già.

Ciò che non tutti sapranno, invece, è che – oltre alla moglie, ovvio – alla dipartita del Presidente “emerito” il primogenito/a eredita i “benefit” del padre: il primogenito?!? Ma che razza di regola è? Sono tutti Principi di Piemonte?!?
Una simile regola (non osiamo parlare di “norma”) può derivare solo dalla genesi della Costituzione Repubblicana, la quale nacque sì per scrittura ex novo, ma dando un’occhiata ai due impianti costituzionali precedenti, ossia quello della Repubblica di Salò e lo Statuto Albertino.
La Costituzione di Salò era, per molti versi, un complesso di norme molto avveniristiche e moderne (soprattutto nella parte riguardante il lavoro e l’impresa) e poté essere emanata soltanto per un misero, insignificante particolare: comandavano i tedeschi, e fu soltanto un lavoro “di scuola” da parte della commissione costituzionale di Carlo Alberto Biggini (praticamente, il solo estensore di quella Costituzione). Il quale, difatti, prima rifiutò il compito e poi l’accettò, convinto com’era della sua inutilità pratica: dubitiamo che, in quelle norme, vi sia un qualsiasi richiamo a casa Savoia ed ai suoi eredi al trono.
Lo Statuto Albertino, invece – in vigore fino all’entrata in scena della nuova Costituzione (pur essendo prevista la sua decadenza fin dal 1944) – conteneva precisi richiami alla successione del Re ed alla legge salica.
Viene da qui la regola d’assegnare i benefit del padre Presidente al figlio/a? Gli stessi che l’erede al trono – il Principe di Piemonte – poteva vantare?

Se non fosse vera non potrebbe essere seria – viene da dire parafrasando Flaiano – e la realtà è che i signori/e (primogeniti, sia chiaro) Napolitano, Ciampi, Scalfaro, Cossiga, (Pertini non ebbe figli), Leone, Saragat, Segni, Gronchi…si godono (senza capire il perché) guardie del corpo, autisti, maggiordomi, vari benefit telefonici e telematici…la lista è in nota (ancorché parziale). (4)
Insomma, è una faccenda che merita il segreto di Stato sui suoi costi reali: altrimenti, cos’avrebbe detto madama la Fornarina? Non lo sapeva, ovvio.
Difficile fare un calcolo preciso, ma se per ogni addetto calcoliamo (con gli stipendi dei lavoratori del Parlamento e delle alte cariche) un centinaio di migliaia di euro…si fa presto a raggiungere e superare il milione. Per quanti anni? Per sempre. Una dozzina di milioni di euro l’anno non poteva trovare miglior collocazione?

E, qui, scusate ma si è tirata in ballo sua maestà la Costituzione: quanti gridano “al lupo” per i tentativi d’azzannarla a morte? La rappresentazione – l’ultimo atto del “Piano di rinascita democratica” di Licio Gelli – è andata in scena ultimamente al Senato, condita con insulti da trivio ed eloquenti gesti di fellatio.
Alcuni si sono distinti nella strenua difesa della Costituzione – e, per carità, per come vogliono violentarla ulteriormente siamo d’accordo con loro – ma un dilemma ci tormenta: una Costituzione la quale consente al sindaco di Firenze (unica carica elettiva alla quale aveva diritto) di governare l’Italia…è una buona Costituzione? Oppure, la stessa legge costituzionale che permise ad un tal Napolitano, eletto da un Parlamento fasullo (per incostituzionalità della legge elettorale), di nominare Mario Monti a capo (fasullo) del Governo…è una buona Costituzione? Una Costituzione che concede anche i fasulli è una Costituzione fasulla. Punto.

Sarà un buon studio “di scuola” – come quello di Biggini – ma non è una Costituzione: e adesso, dateci giù pesante…che tanto controlla tutto la Massoneria, il Bildenberg, la Trilaterale…pardon…qualcuno può indicare qualche mezzo per intaccare quei poteri? Poteri che nacquero prima del secondo conflitto mondiale, con la partecipazione unitaria proprio dei Paesi che si confrontavano militarmente? Parliamo di Prescott Bush e di Thyssen? Dell’Argentina del primo dopoguerra e del Bildenberg?
Inutile perder tempo con queste faccende: l’eurodeputato Borghezio provò a penetrare, in Svizzera, ad una riunione del Bildenberg e fu buttato fuori dalle guardie interne senza tanti complimenti, lussandosi anche un braccio.
Corse dalla polizia a dire che era un eurodeputato, che gli avevano fatto...lo osservarono distratti, poi gli chiesero se dovessero accompagnarlo da qualche parte. Non al Bildenberg, ovvio: vai dove vuoi, ma quelli non si può, nisba. Hai capito? E tornò sui treni a prendersela con gli immigrati.

Se la Costituzione repubblicana è bacata come una mela marcia, e dunque le leggi che ne discendono nascono tutte dal baco, i casi sono due: o si toglie il baco o si butta nel cesso la mela.
Volete un altro esempio?

E’ perfettamente normale che il Presidente della Provincia di Firenze (sempre Renzi) spenda (5), nel solo 2007, cifre intorno al milione di euro (c’è chi dice 1,7 milioni, ma qui i numeri sono tutti da verificare, come gli “stipendi” dei figli dei Presidenti)? Certo, perché una legge (coerente con la Costituzione) glielo ha permesso.
Volete sapere a quanto corrisponde – nella nostra realtà, di poveracci – questa cifra?
Quando scrivevo per il gruppo di “Quota 96” degli insegnanti, ci fu risposto dal replicante di turno che per mandarci in pensione non c’era copertura: per mandare in pensione (circa) 3.500 persone ci volevano grosso modo 350 milioni di euro. Un milione = 10 persone. Renzi s’è sbafato al ristorante – in un solo anno! – la vita di 10 persone, capito?!?
Capite perché non toccano la legge Fornero? Renzi e tutti gli altri parlamentari, Presidenti di Provincia, di Regione, Consiglieri, Assessori, Sindaci...e tutto il resto, quanto ci costano? Provate a fare un conto, anche solo a spanne: cifre da paura. Io ci provai a quantificare la cifra, forse ci andai vicino, come una boccia al pallino: se volete, l’indirizzo è in nota. (6)

Contrariamente a ciò che si pensa – nonostante il saccheggio europeo dell’Italia continui, ieri l’industria automobilistica, l’altro ieri quella aeronautica, domani quella dei cantieri navali (vicenda Fincantieri, dove si parla di crisi con un portafoglio ordini mai stato così alto!) – l’Italia è un Paese ricco perché siamo fantasiosi, sappiamo creare occasioni di ricchezza, lavoriamo come bestie e, purtroppo, sappiamo solo affogare le urla di disgusto per questi traditori in un piatto di spaghetti allo scoglio.
Non abbiamo nel nostro DNA la parola “Rivoluzione” come ce l’hanno solo i francesi, al massimo un perdente Masaniello: dobbiamo imparare in fretta, pena la fine della nostra decente sopravvivenza. E veniamo alle nostre speranze, al M5S.

Non so se il M5S potrà ancora fare qualcosa, poiché ha commesso troppi errori nel suo recente passato: contraddicendo se stesso e tutte le promesse per il “dopo” è rimasto uno strumento docile, nelle mani di Grillo e Casaleggio, che tutto sono meno che dei politici. Poco importa se Di Battista o Di Maio sanno cavarsela con il lessico e con qualche ragionamento: rischiano di diventare dei fenomeni mediatici, inutili a loro stessi ed agli altri. Fra i “cacciati” non c’erano solo “traditori”, c’erano anche gente che chiedeva un dibattito interno più democratico. E Grillo s’atteggiava, nei suoi ridicoli messaggi, da Stalin.

Il M5S aveva, nella Primavera del 2013 – poco meno di tre anni fa – il 25% dei consensi fra i votanti ed una forza parlamentare pari, pressappoco, a quella del PD. Ovvio che il PD – l’espressione di UE, Banche, ecc – aveva più mezzi per contrastarli: bisognava esserne consapevoli.
Ci sono due eventi stocastici nella vicenda del M5S, all’indomani delle elezioni e nel suo passato politico.

Il primo, molto netto, fu la chiamata di Beppe Grillo da parte dell’ambasciatore americano in Italia, Ronald Spogli: Grillo (che si recò in via Veneto già nell’Aprile 2008), se veramente “uno conta uno”, aveva il dovere di riferire e d’informare. Tutti, non solo la cerchia più ristretta. Non parliamo poi delle confabulazioni con l’ambasciatore inglese, Enrico Letta & Co. Dalle ricostruzioni storiche, per date ed eventi, esce una figura un po’ diversa rispetto al “amicone” zazzeruto della porta accanto.

Il secondo fu una stupidaggine, un’ingenuità da dilettanti della politica, quali erano i neo-parlamentari grillini che andavano ad un incontro con due vecchie volpi come Bersani ed Enrico Letta. Vollero la ripresa in streaming, ricordate?
Diedero ai due PD una bella strigliata mediatica, che fece venire un orgasmo ai tanti grillini, grilline, galletti e gallinelle dell’aia pentastellata...peccato che, a Bersani e Letta, non fregò una mazza e li ascoltarono annoiati, come si osservano due ebeti. Mentre uscivano, Letta chiese a Bersani, “Acc...ce l’ho sull’altro telefono...hai tu il numero di Silvio?”

Le cose sarebbero andate diversamente – invece di vivere come un sogno (qualcuno per i soldi, altri per la grande sfida che s’apprestavano ad iniziare) la nomina a parlamentari – se si fossero riuniti con calma ed avessero ragionato un pochino, ma solo un pochino, ino, ino, ino...altre soluzioni c’erano per inguaiare il PD e salvare la faccia con gli italiani.

Perché non dire ai due capoccioni PD: “Volete fare un governo con noi? Volete i nostri voti? Dite che i programmi, per molti punti, sono simili? Ok, accettiamo. In cambio, su 12 ministeri, chiediamo tre ministri e 12 sottosegretari.”
Qui, Pierluigi ed Enrico sarebbero sobbalzati sulla sedia: ma non doveva essere diverso il copione? Non ci hanno avvertito...(continua)
“Vogliamo tre ministeri: Interni, Giustizia ed Economia, più un sottosegretario in ogni altro ministero. Ci pare una richiesta onesta: 3 su 12...abbiamo pressappoco la stessa forza parlamentare...”

Ovvio che la richiesta sarebbe stata rifiutata, altrimenti sarebbero scesi i Lanzichenecchi a Roma dalla Germania, più la 82° e la 101° paracadutisti direttamente dagli USA...però, il M5S avrebbe conseguito un punto importante: avrebbe mostrato agli italiani d’avere una strategia per giungere al potere (all’epoca perdente, vero) ed avrebbe scompaginato non poco le schiere avversarie.
Per prima cosa, sarebbe venuto un coccolone a Napolitano e ce lo saremmo tolto dai piedi anzitempo: dubito che in questa situazione avrebbe accettato il reincarico. Il mantenimento dello “status quo” era la condizione per rimanere, ma uno status quo ben definito e senza sorprese.

Inoltre, la palla sarebbe passata nel campo del PD, con lunghi ed estenuanti mal di pancia fra la fazione maggioritaria (quella che sostiene la reintroduzione del servaggio della gleba) e quella che ritiene i lavoratori ancora meritevoli di qualche diritto. Se non altro quello di votarli, ogni tanto, senza fretta.
Un terzo aspetto sarebbe stato una continua fibrillazione parlamentare fra le forze minori del governo, con lo spauracchio di un governo “vero” dietro l’angolo: tutti sappiamo che gli attuali parlamentari amano molto i simulacri e le ciofeche rampanti.

Un quarto aspetto sarebbe stato un maggior legame, una speranza più concreta per gli italiani: alle successive elezioni europee, non avrebbero pensato “tanto quelli litigano e non sanno fare niente”, e magari Grillo non sarebbe stato costretto alla dolorosa aggiunta ai grandi cartelli con scritto “Venceremos”. Deve essere costato parecchio aggiungere gli striscioni “Prossimamente su questo schermo”.

La situazione internazionale...e tutto il resto?
Ma l’Italia non è la Grecia ed un accordo si deve per forza trovare, anche un accordo molto costoso per Francoforte, poiché la Grecia può essere tranquillamente esportata nella penisola indocinese come terra da pipe, mentre se esce l’Italia dall’UE, semplicemente, cade l’Europa Unita.
Non ci credete? Provate ad immaginare il blocco autostradale – con il trasbordo su treni (italiani!) a Ventimiglia – di tutto il traffico merci da/per la penisola iberica e l’Europa orientale (non diretto in Italia), che oggi passa tutto qui, sotto il mio naso e, prima di Genova, si divide fra chi prosegue per l’Italia e poi, magari, imbarca il camion a Brindisi e chi, a Voltri, sale verso Milano, Tarvisio, Brennero, Gottardo. Fate due calcoli: una débacle per i trasporti europei.

Insomma, gli scenari non erano fantapolitica – anzi, più realismo del re, verrebbe da dire – e una classe politica italiana NON DI VENDUTI sottolineo NON DI VENDUTI, avrebbe avuto il plauso ed i voti per entrare a Strasburgo con il tappeto rosso.
Con questo non voglio assolutamente gettare m... addosso ai sostenitori del M5S: so che, per il 99% sono persone oneste, amanti del proprio Paese ed ai quali sanguina il cuore nel vederlo ridotto com’è oggi e come, purtroppo, sarà domani.

Fa riflettere il sondaggio sul futuro sindaco di Roma: Giorgia Meloni sindaco e la maggioranza del Consiglio al M5S. Ah, ma allora gli italiani non sono così stupidi...una persona onesta come sindaco e dei consiglieri onesti...la prima sottratta a qualche furbacchione del suo partito, i secondi “sfilati” al capataz Grillo. Hai visto te che gli italiani sanno scegliere? Se potessero...
Sulla Meloni ho fatto la mia, personale ricerca: ho buttato su Google “Giorgia Meloni Hot” ed è comparso uno scenario di vita da spiaggia, dove qualche paparazzo accaldato e pignolo è riuscito a rubacchiare mezza tetta mentre si cambia il costume. No, la Meloni non è la solita squinzia politica da tette e culi al vento su uno yacht, tanto per sperare – se va male – d’essere chiamata all’Isola di Qualcosa. E’ una persona seria.

Non si può, però, imbastire una dietrologia complottista nei confronti del M5S: mancano le prove, anche se ci sono quegli strani incontri di Grillo nelle ambasciate straniere i quali, ripeto, dovrebbero essere spiegati politicamente (non detti e basta) ai suoi sostenitori.
Si può – anzi, di deve – rimarcare quali sono stati i marchiani errori politici commessi. Cosa assai grave, praticati senza ascoltare nessuno, con una prosopopea sgradevole, con messaggi video che parevano rivolti “ai cretini”, ossia noi italiani. Mentre, quelli che capivano tutto di politica, erano il santo protettore dei saltimbanchi unito a quello dei parrucchieri. Sic transit gloria mundi. Oppure...Revolution! Quale scelta?

Forse, partire dalla richiesta di una nuova Costituzione è più alla nostra portata di una riforma del Bildenberg (!), ma bisognerebbe scendere in piazza, botte e lacrimogeni, non botte sulla tastiera e lacrime per le risa sull’ultima battuta di Crozza.
Io ho quasi 65 anni, sono esentato ma – credetemi – che la mia parte l’ho fatta quando avevo la schiena a posto, e come l’ho fatta! Oggi tocca ai giovani, se vogliono ereditare qualcosa che non sia una landa desolata dove, se chiederete qualcosa, vi risponderanno “Bitte?” o “Sorry?” Organizzatevi: col solo Web (utilissimo) non si va da nessuna parte.

Nel 1948, Indro Montanelli salì al Quirinale per intervistare il Presidente Einaudi e si fermò a pranzo. Un pranzo normalissimo, prosciutto e melone, un pesce e correre. Quando giunsero alla frutta, il cameriere portò una sola mela. Einaudi si voltò verso Montanelli e chiese: “Facciamo metà ciascuno?”

Dobbiamo tornare a quella sobrietà, altrimenti non basteranno 100 riforme del lavoro (la schiavitù per norma, tanto per dirne una) o della Previdenza (60 anni di lavoro e 3 di pensione) o, ancora, della Sanità (una visita gratis in Ospedale, poi 100 euro il giorno, altrimenti va a crepare fuori da qui)...non basteranno mai per placare gli istinti famelici di queste orde che osano farsi chiamare “eletti”.
Poiché hanno valicato ogni remora, ogni costume, ogni etica e moralità: si vive alla grande, perché “semo de noantri”. Ci sarebbero centinaia d’esempi, ma il lettore li conosce benissimo.
Basta blaterare con i complottismi vari: non vi rendete conto che sono loro stessi ad auto-alimentarli come viatico per una loro assoluzione? I poteri forti ci sono anche nel resto d’Europa, ma solo da noi si giunge a questo parossismo di giustificare tutto con i grandi potentati!

Da almeno 30 anni mangiano a quattro palmenti 1000 parlamentari, 20 Regioni, 100 Province e quasi 10.000 Comuni: quale nazione può reggere?
Chiedere una nuova Costituzione, denunciare il debito pubblico come inesigibile, varare un Reddito di Cittadinanza basato su minuscoli prelievi sulle transazioni finanziarie (come afferma, inascoltato, da anni il prof. Fumagalli), cancellare le migliaia di pastoie che soffocano il lavoro e l’imprenditorialità italiana, varare la “Scuola dei Bravi” al posto della fasulla “Buona Scuola”: se studi vai avanti, se non studi, corso di formazione professionale e al lavoro, via la prescrizione dai codici: chi sbaglia paga, anche dopo 30 anni.

Proviamo a focalizzare la nostra attenzione su questi obiettivi, e smettiamola di dare la colpa a Soros od a qualche marpione del suo calibro...ah, dimenticavo...mentre scrivevo queste righe si sono mangiati le Poste...smarcane un altro...auguro un buon posto a tutti, per sopravvivere.



(3) Dare i numeri, dar di matto