30 giugno 2016

Essere o non essere?







Il responso di Brexit è stato chiaro: è pur vero che un 52 a 48 non è un 3-0 calcistico, ma quando una consistente fetta degli interrogati si mostra contraria (in democrazia decide la maggioranza, ma anche un 49% dovrebbe far riflettere un governo che qualcosa non va) bisogna correre ai ripari.
Sull’onda dell’emozione, sono comparsi articoli un poco stravaganti – quando mai la Scozia potrà chiedere un “Gb-exit” con un nuovo referendum od un posticcio attaccamento all’UE? – visto che gli Stati Nazionali hanno storie centenarie, e nemmeno le due guerre mondiali ne intaccarono i confini, se non per minimi aggiustamenti o per territori di recente contesa. Vedi il Saarland, restituito dai francesi, oppure l’Istria, terra slava restituita agli slavi. Non voglio accendere polemiche sui singoli casi ma, se due guerre mondiali hanno intaccato modestamente i confini, non si capisce come grandi spostamenti possano avvenire per referendum.
Bisogna ragionare “a bocce ferme” e non farsi catturare dall’emozione: è quello che cercheremo di fare. Nessuno ha conigli nel cappello, ma un sano dibattito fra i lettori è sempre salutare: il mio compito è soltanto quello di mettere in ordine gli eventi.

Stabilito che l’Unione Europea e la gestione dell’Euro hanno mostrato, in breve tempo, un quadro fallimentare, ci sono i due partiti: chi crede che l’UE/Euro sia ancora riformabile, oppure chi desidera gettare acqua e bambino. Ai primi, si dovrebbe far sapere che non si tratta soltanto di riformare qualche regolamento o trattato, mentre i secondi dovrebbero esporsi, e dire a quale situazione si vorrebbe tornare,  ossia Stati Nazionali o Macro-Regioni omogenee per popolazione ed economie? Un bel rebus, e le urla servono a poco.

L’Unione dei primordi – quella di Adenauer, ossia la CECA – era ricalcata sul processo di Zollverein tedesco di metà ottocento, che portò alla nascita della Germania: si trattava d’abbattere i dazi e favorire la circolazione delle merci. Capitali e popolazioni erano escluse da questo processo, poiché si riteneva che il rispetto delle singole peculiarità fosse un valore aggiunto, mentre i movimenti “selvaggi” di capitali avrebbero condotto a disordine economico.

Il segno, che qualcosa si stava muovendo verso nuove dimensioni, fu il cosiddetto “Serpente monetario” e il successivo Sistema Monetario Europeo, ossia un complesso di regole e parametri che limitava gli scostamenti fra le monete europee, il quale fece scorrere tonnellate d’inchiostro dal 1972 fino alla nascita dell’Euro.
Non fu un errore “tecnico”, bensì un’errata valutazione di principio: non è agendo sulle monete che si rendono più omogenei – attenzione: economicamente! – le aree, bensì comprendendo la natura di quelle aree e studiandone attentamente le peculiarità, se si vuole migliorarne l’economia, non agendo sulle monete, che sono solo un parametro susseguente. Un’inversione nella catena di cause ed effetti, drammatica: testimonianza di una logica distorta, da “furbetti del quartierino”, non da statisti.
Già qui si nota un tentativo d’imporre il “monetarismo” come medicina assoluta per tutte le economie che condusse –paradosso! – a misurare la curvatura delle banane con apposito strumento legislativo (poi rimosso nel 2008). Insomma: la moneta come “misura” delle realtà economiche, che non tiene conto (perché non è lo strumento adatto!) dei territori e delle loro caratteristiche.
Questo tipo di distorsione giunse all’apoteosi proprio negli stessi anni, quando – sotto i morsi della crisi economica – la Banca Centrale Europea si mostrò infastidita dalle intromissioni della politica in area economica, e rivendicò (Trichet, poi Draghi) un primato sulla politica (come “tecnici”) che non ha radici nella Storia e tanto meno nella prassi economica. E, questa primazia, fu silenziosamente accettata dal Parlamento Europeo e dalla Commissione, quasi senza “mal di pancia”: un atto di resa dalle prerogative della politica.

Se questo fu un grave errore d’impostazione, altrettanto grave fu il rapporto con la NATO la quale – da alleanza difensiva – dopo il 1990 fu “sdoganata” come “guardiano del pianeta”. Un guardiano ai comandi di chi? Non solo degli americani…sarebbe stato il male minore…no…la NATO come custode degli interessi dell’iper-liberismo nel Pianeta…una contraddizione lacerante con i valori primigeni dell’UE.

Nel 2003 gli USA iniziarono il processo di destabilizzazione dell’area mediterranea e medio orientale a danno, soprattutto, dell’Unione Europea che stava costruendo, fra mille contraddizioni, il suo “cortile di casa”; come gli USA definiscono le Americhe Centrale e Meridionale. In un decennio, furono completamente destrutturate nazioni come l’Iraq, l’Egitto, la Tunisia e la Libia, mentre in piena Europa fu l’Ucraina a diventare una sorta di cavallo di Troia. La Georgia e (per ora) la Siria si salvarono dal rullo compressore americano solo per il tempestivo intervento russo.
Tanto per comprendere cosa ha significato la distruzione politica della Libia, riflettiamo sul progetto Desertec (oggi abortito) – che doveva fornire il 20% dell’energia elettrica per l’Europa, con fonti fotovoltaiche e termodinamiche nel deserto libico – il quale era una partnership fra la Germania e la Libia di Gheddafi. Il 20% del fabbisogno elettrico europeo è una quantità enorme, di Watt e di soldi: difatti, la Germania si chiamò fuori dalla guerra contro Gheddafi.

Stupirà, ma la somma bruta di mezzi da guerra posseduti dagli eserciti europei (aerei, tank, ecc) mette l’UE al primo posto nel pianeta. Le capacità di comando ed organizzazione sono, ovviamente, quasi nulle, se  non al diretto comando degli USA.
Quando, nel 2003, scoppiò la guerra del Golfo, Romano Prodi – all’epoca Presidente della Commissione Europea – definì ironicamente la politica estera europea con un “Avanti tutta, in ordine sparso”. Bel modo di rimuovere le proprie responsabilità ironizzando.

Ci fu quindi, e tuttora continua, un assalto all’Europa chiamato “immigrazione”, che fa saltare i nervi e scardina le frontiere: per contrappasso, aumentano le chiusure ed i conseguenti razzismi. Perché?
E’ un’arma semplice, poco costosa e che ingrassa le mafie internazionali, grandi alleate in questioni geopolitiche: basta bombardare fabbriche, impianti e case e…voilà…vedrai se non crei masse di disperati in movimento! E grossi problemi alle nazioni europee.

Si giunse così al 2008, alla crisi finanziaria, mediante la quale il FMI, la Banca Mondiale, la Commissione Trilaterale (vera, orribile mostruosità) e le grandi banche d’affari – tramite la BCE – ereditarono il controllo dell’UE.
Ci si potrebbe chiedere come siano riuscite, queste potenti organizzazioni, ad impadronirsi dell’Europa: il metodo viene da lontano, ed è sempre l’apparente contraddizione dello scontro all’interno della borghesia, ma della sua sostanziale unitarietà d’intenti e di fini da perseguire.

Le borghesie internazionali, o almeno i loro vertici, sono da sempre riuniti nella Massoneria, nel club Bilderberg od in altre, simili compagnie di ventura: il loro scopo è quello di mantenere saldo il controllo delle borghesie (banche, finanza, ecc) e di ripartirne i proventi in maniera che lo scontro sia mantenuto a livello di pura contrattazione poiché, non dimentichiamo, lo scontro fra le borghesie nazionali si chiama guerra.
E, fin quando vi sono proventi di vario tipo da spartire, questo rischio non lo correranno mai, se non nelle periferie del pianeta. Oppure, giunti a livelli di rischio (Siria, Ucraina, ecc) si torna a trattare: oggi, in un mondo di armi nucleari sulle quali non si ha il completo controllo, il rischio di un conflitto è troppo elevato per rovesciare il piatto, meglio cedere qualcosa che domani potrà essere riguadagnato da altre parti e con altri modi.

Ecco da dove nasce e dove prospera il ladrocinio che ci riguarda: le grandi borghesie, all’occorrenza, fagocitano anche le piccole e medie borghesie e soltanto chi sopravvive nell’agone finanziario riesce a mantenere e ad allargare le proprie ricchezze. Gli altri, vengono mantenuti su livelli di pura sopravvivenza.
E la politica?
Inesistente: semplice “costo” da mettere a bilancio affinché il gioco possa continuare: così, Mario Monti viene inviato in Italia, gli si trova una nomina (senatore a vita, Napolitano) ed una maggioranza parlamentare (Pd ed aggregati) e può iniziare il massacro del lavoro e delle pensioni, per accantonare altre ricchezze da far confluire sulla finanza internazionale.
E la democrazia?

Qui c’è un vulnus eclatante ed evidente. Nella “catena” delle istituzioni europee, c’è una interruzione fra il livello degli eletti (il Parlamento, eletto per suffragio elettorale) e il “Governo” (la Commissione Europea col suo Presidente, oggi Juncker). La Commissione viene nominata dai governi dei singoli Stati: fanno ai futuri commissari l’esamino di cultura generale e di lingue e…voilà, commissario (cioè ministro) per l’Istruzione, i Trasporti, eccetera.
Quante persone sono coinvolte in questo processo?
I votanti sono circa 500 milioni, i quali eleggono il Parlamento Europeo, mentre i Capi di Governo propongono i vari commissari: poche persone giungono a decidere chi sarà a comandare e pochissimi saranno coloro che dovranno prendere realmente delle decisioni. Una struttura oligarchica, fortemente orientata verso un’oligarchia sprezzante ed autoritaria.
E i voti, gli eletti? Diamo loro lauti stipendi, ricchi rimborsi e che stiano lì a scrivere roboanti relazioni sullo stato dell’Unione, compresa quella sulla curvatura delle banane. All’occorrenza, daremo loro anche un apposito martello di gomma per raddrizzarle, basta che non rompano i cosiddetti.

Non sottovalutiamo, però, il potere del Parlamento Europeo – di poteri reali non ne ha quasi – però Bruxelles è diventata la città dei lobbisti: di tutte le età, le nazioni, i sessi e, soprattutto, gli obiettivi.
Così, capita che un oscuro parlamentare europeo venga contattato da un lobbista – ci sono strutture specializzate che si occupano di queste faccende, la recente vicenda di Luca Volonté (c’è qualcuno che si rivolta nella tomba, vero Luca?) lo dimostra, che hanno nella loro organizzazione tutto, dal settore finanziario per far “scivolare” i soldi sull’acqua fino ai Caraibi, alle escort che devono “ammorbidire” il parlamentare, sempre un po’ “rigido” di fronte a queste profferte.
Poi, creata una piccola “corte” all’interno del Parlamento, si contatta il commissario corrispondente, c’è una trattativa…anche qui, soldi, escort, ecc…e, infine, la decisione del Commissario viene magari suffragata pure da un voto parlamentare – non sarebbe necessario – ma, come dicono a Napoli, dove c’è sfizio non c’è perdenza.

Le altre decisioni, i voti su questioni anche importanti, sono ben accette e doverose: ci penserà il relativo Commissario a catalogarle e conservarle per anni fin quando, scadute, finiranno nel trita-documenti: un procedimento lungo ma corretto, con un’appendice ecologica.

Stabilito che l’altra struttura comunitaria, la BCE, è il regno dei desiderata del sistema bancario e dei sacerdoti dell’Euro, non sprechiamo nemmeno tempo a parlarne.
Interessante è, invece, il settore della Giustizia, con la Corte di Giustizia Europea e quella dei Diritti dell’Uomo: qui, qualcosa è sfuggito al controllo e, talvolta, questi giudici scassano proprio i cabassisi.
L’Italia è la nazione che fornisce alle Corti il più alto numero di ricorsi: risultati? Le norme europee affermano che una sentenza europea deve essere immediatamente recepita negli ordinamenti nazionali, ma non è affatto vero.
Ne è un caso eclatante quello della Tv Europa7, perché i giudici nazionali, semplicemente, se ne fregano. Ma non sempre: il risultato è che il medesimo ricorso viene accolto a Torino e non recepito a Firenze, e così in tutta Europa. Il risultato finale? La giustizia di Arlecchino.

Qui termina la nostra analisi: ci sarà senza dubbio dell’altro che ho dimenticato, ma già ciò che ho esposto mi sembra sufficiente per spiegare il crescente rifiuto – direi quasi viscerale – da parte di molti cittadini. S’aggiungano le mille pastoie in economia, che sembrano messe lì solo per farteli girare, più le ingiustizie palesi che causano spesso dolore e disperazione: il cittadino europeo mastica tristezza, è deluso, fa fatica a comprendere perché guerre che vanno chiaramente contro gli interessi di nazioni europee siano portate avanti da altri…con forze armate europee!
E incomprensione ed infelicità dilagano: soprattutto quest’ultima, ecco perché gli europei sono sempre più dubbiosi.

La proposta di riforma più seria riguarda proprio il mutamento di “pelle” all’interno della UE. Siccome la “scollatura” fra Parlamento e Commissione è un evidente regalo alle lobbies – al punto che è plausibile chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina, ossia se le istituzioni siano state “pensate” già per essere comodamente infestate dal virus delle lobbies – c’è chi pensa che riportando un funzionamento “naturale” fra le istituzioni: elezioni, parlamento, creazione di una maggioranza parlamentare, espressione di un governo.
A questo punto, è verosimile pensare che il “peso” delle singole nazioni possa decrescere, poiché quel governo è espressione diretta del voto popolare e, se sbaglia, se ne va e governa una diversa coalizione.
Purtroppo, le esperienze nostrane – ma anche in altre nazioni, da noi però s’è visto proprio il peggio – non invitano a crederci molto: si ha paura che, una volta eletti, questi formino il solito “carrozzone” con tutti dentro, dove si sale e si scende secondo le convenienze personali. E delle lobbies.

Un punto trascurato, ma importante, riguarda la Costituzione – non una serie di trattati insulsi – una costituzione discussa ampiamente (non imposta da qualche “saggio”) e poi messa ai voti dei cittadini. Perché, senza una carta fondante, che ti dica – ad esempio – se nel mandato parlamentare c’è libertà personale, se serve una presidenza (e di che tipo), che definisca i rapporti fra l’esecutivo, il legislativo ed il giudiziario, non si va da nessuna parte. Immaginiamo che sia mantenuta (come in Italia) la libertà di mandato – in una struttura così lontana dal singolo cittadino – le lobbie “vignano” alla grande.
E poi: rapporti limpidi e precisi con la magistratura, che impediscano il gioco al massacro come sta avvenendo in Italia, dove sei assolto o condannato solo per vicinanza o convenienza politica. Perché è giusto fermare chi delinque, ma non usare la stessa arma per scopi politici.
Il discorso sarebbe lungo, ma si può condensare in poche parole: passare da una unione confederale ad un vero Stato federale, dove pesi e contrappesi sono definiti con chiarezza, mentre le unioni confederali, storicamente, hanno sempre avuto vita breve.

L’alternativa è andarsene: ognuno per sé e Dio per tutti. Funzionava (dicono): ma all’epoca dei Moschettieri. E solo nei romanzi di Dumas.
In un pianeta nel quale vi sono colossi come USA, Russia, Cina…credete che vi lasceranno in pace a coltivare l’orticello? Se ne avranno bisogno, lo occuperanno e vi faranno una pernacchia: cosa mi fai?
Sempre che l’Italia non mediti di riprendersi l’Istria, la Germania le terre “tedesche” oggi in Polonia, la Spagna Gibilterra…e via discorrendo. Le alleanze si creano in fretta, le guerre pure ed i milioni di morti anche.
Sarebbe bello vivere nel paesello senza complicazioni, ma una qualche forma di aggregazione è necessaria, se non altro per aspetti di difesa.

Se trasformare l’Europa in uno Stato federale puzza – nel senso che si temono gli stessi interventi delle società segrete, lobbies e compagnia cantante – si potrebbe pensare ad una ripartizione che smantella lo Stato nazionale a favore delle macro-regioni, omogenee per economia e cultura.
Si tratta di un percorso più laborioso, il quale però prenderebbe due piccioni con la medesima fava: uno stato federale europeo e disinnescherebbe moltissime tensioni per quei territori che anelano all’indipendenza o che mordono il freno per maggiori autonomie.
Ad esempio, la Spagna diventerebbe Catalogna, Castiglia, Andalusia, Paese Basco…l’Italia Lombardo-Veneto-Emilia, Regione Occidentale, Toscana-Umbria Marche…e così via.
La frantumazione dello Stato Nazionale, però, richiederebbe una maggior attenzione per quanto riguarda i diritti dei cittadini – più l’entità è piccola, maggiori sono i rischi di prevaricazioni dall’alto – perciò regole comuni per fiscalità, lavoro, previdenza, ecc. Oltre, ovviamente, ad un Parlamento dove non puoi cambiare partito: ti dimetti e basta, un’analisi preventiva delle leggi per osservare la loro costituzionalità, ecc: insomma, un simile quadro richiederebbe un’attenzione certosina per leggi e “contrappesi” fra le varie istituzioni.
La moneta?
In un simile quadro, l’euro potrebbe anche rimanere, previa riforma della BCE a banca pubblica di proprietà delle singole entità, siano esse stati o macro-regioni.

Potrebbe funzionare?
Dipende dall’impegno e dalla volontà di cancellare l’attuale obbrobrio e dall’onestà di chi dovrebbe mettersi prima ad immaginare, poi a far funzionare il sistema. Comunque la si osservi, è molto difficile giungere ad un simile “sogno”.
Alternative?
Non ne vedo.

Il vero problema è di potere: se debba essere preminente il potere della finanza oppure quello della vita dei cittadini. A mio avviso, questa Europa va rasata a zero: un’altra? Possibile, ma quale?
Un’Europa come, forse, la immaginarono al tempo della CECA, potremmo dire un’Europa che sostituisca il PIL (Prodotto Interno Lordo) con il QFN (Quoziente di Felicità Netta). Non è un’utopia, ma si tratta di una inversione di tendenza totale, di una rivoluzione di pensiero in campo sociale, economico, energetico, ecc.
Si tratta di “pensionare” (al minimo) tutti i personaggi che hanno costruito questo obbrobrio, e di chiedere – con apposite consultazioni, preceduto da un lungo dibattito pubblico fra persone nuove – ai cittadini europei cosa vogliono, rendendoli però coscienti che un ritorno al passato, puro è semplice, non è possibile.

Subito prima della guerra alla Libia, Saif al Islam Gheddafi – l’unico figlio maschio ancora in vita del colonnello, oggi in galera in Libia in attesa dell’esecuzione – ebbe a dire: “Fermateli! Oggi tocca a noi, ma domani toccherà a voi!”.
Parole profetiche? Chissà…

23 giugno 2016

Jamm’e, jamm’e…


Devo dire che, per quanto riguarda le scorse elezioni amministrative – io non vado a votare, mi hanno preso per il sedere abbastanza – ci sono delle novità che meritano d’essere attentamente studiate, per capire come cercheranno di salvare la baracca (che, oramai, fa acqua da tutte le parti) soprattutto in previsione del referendum costituzionale d’autunno: lì saranno giochi seri, si finisce di scherzare e qualcuno, si vedrà come, ci lascerà le penne.
I grandi giornali hanno titolato ad 8 colonne su Roma e Torino: per come la penso io, il risultato era scontato. E’ veramente difficile governare delle grandi città in modo così trasandato come sotto la Mole e le mura capitoline: i risultati che mi hanno sorpreso, vengono da medie città: Benevento e Savona, ad esempio.
Vediamo perché.

Incredibile Clemente: l’Araba Fenice in persona. Dopo anni trascorsi a fare l’ago della bilancia in Parlamento, più i periodi “vuoti” trascorsi serenamente come parlamentare europeo, aveva bisogno di un posto. Qualunque. Com’era era. E lui la spiegata con semplicità: “Stavo giocando col nipotino, quando è arrivata la prima telefonata: dopo altre telefonate, ho capito che dovevo rispondere”.
Mentre leggevo, m’immaginavo il vecchio rais di Ceppaloni che meditava sulla faccenda: come diventare sindaco di Benevento? Sapendo che avrai gli occhi addosso, che non potrai fare molti accordi alla luce del sole, bensì dovrai lavorare sotto-sotto-sotto-banco. Ma il nostro è tutt’altro che l’ultimo dei cretini – come tanti pensano – ha una laurea in Filosofia in tasca, presa quando le lauree in Filosofia non erano proprio in svendita nel supermercato sotto casa…e tanta, tanta “scuola” democristiana. Paragonatelo un po’ con Fassino: chi è la volpe? Chi è, invece, il leprotto?
Non sappiamo quali siano stati i mezzi usati: uno è stato rivelato, ossia la “pace” con Nunzia di Girolamo, quando la cosiddetta “pace” è una sorta di pax romana, che sarà costata qualche posto o intere “controllate” del Comune…ma che importa? Clemente sa bene che l’importante è sedersi sullo scranno più alto e lasciare che, all’occorrenza, si scannino i tirapiedi. Che finiranno fra le grinfie di qualche magistrato: e allora? Roba d’altri, cavoli loro…io che c’entro?

Il centro destra, orfano di Berlusconi, adescato da un simil-Masaniello padano, tale Salvini di natali (politici) ignoti, per vincere in un capoluogo di provincia ha dovuto ricorrere alla vecchia scuola democristiana, il che testimonia l’epilogo del berlusconismo, inteso come “idea trainante” per la destra.
L’elettorato italiano non è quasi cambiato dai tempi post-unitari, quando Destra e Sinistra Storiche battagliarono a lungo, per poi finire nell’ignominiosa palude degli scandali – come quello della Banca Romana – a braccetto, incapaci d’essere vere destre e vere sinistre, monche perché nate dallo stesso humus di borghesia sparagnina, sabauda, pontificia o borbonica essa fosse.
Questo per dire che la destra italiana non si è estinta: semplicemente, terminata la gestione di Berlusconi, non può più contare su una coesione che il tycoon milanese ha saputo catalizzare per un ventennio.
Dunque, la vittoria di Mastella è paradossale, poiché riporta in scena un modus operandi, quello democristiano, inattuale in un mondo dove non comandano più Roma e Milano, bensì Bruxelles e Francoforte. Una vittoria, quindi, inutile ai fini politici, solo buona per far capire al popolo di destra quanto siano poveri di idee e, soprattutto, di persone in grado d’interpretare quelle poche e stantie parole d’ordine.

A Savona – sorpresa – si è affermato il centro destra, in una città tradizionalmente governata dalla fine della guerra, salvo un caso, da amministrazioni di sinistra. Qui il discorso si fa più interessante, soprattutto per comprendere come ha fatto la destra ad affermarsi. E ci vogliono due cifre per capire.

Primo turno
Cristina Battaglia csx                       31,78%
Ilaria Caprioglio cdx                          26,61%
Salvatore Diaspro M5S                     25,10%
Daniela Pongiglione Lista Civica         8,46%
Marco Ravera rete a sinistra               4,77%

Secondo turno
Ilaria Caprioglio cdx     52,85%
Cristina Battaglia csx   47,15%

Anche considerando le elezioni in termini di voti (vedi nota 1) la situazione non cambia: il M5S ha votato al secondo turno, ed ha votato per il candidato di centro destra. Il centro sinistra ha raccolto le liste minori, ed i conti quadrano, come possono quadrare in una situazione oscillante.
In ogni modo, se prendi il 26% al primo turno, per arrivare al 52% devi trovare un altro 26% che – guarda a caso – corrisponde proprio alla potenzialità del M5S: il che, non ci piace per niente, anche se il “travaso” di voti fosse stato a favore dell’altra candidata.
Perché?

Poiché il M5S, nato (a suo dire) per sbaragliare la vecchia politica ed i giochi di palazzo, si è prestato ad un gioco che gli precluderà, da qui in avanti, la possibilità d’avere un’autonomia politica reale. Ben diverso il caso di Roma, dove i romani si sono veramente affidati ai cinque stelle, mentre a Torino c’è stato uno scambio all’opposto, la destra ha probabilmente votato (magari in parte) il M5S.
Questi appoggi innaturali, dove possono condurre?
Ne faccio un caso “di scuola” perché la città di Savona – per svariati motivi – è sempre tenuta sott’occhio dagli istituti demoscopici (che mi hanno confermato, a microfono spento, la cosa), i quali analizzano sempre con attenzione le elezioni savonesi. Non chiedetemi perché, però questa “attenzione” dura da decenni ed una motivazione, nei meandri degli dei della percentuale, c’è senz’altro.
Ma torniamo a noi.

Scendere in politica con l’obiettivo di riscattare la democrazia da una situazione a dir poco degenerata, non avalla l’appoggio all’uno o all’altro dei due schieramenti, poiché in questo modo si crea un precedente difficile da cancellare. Antica astuzia democristiana? Ma per favore…non confondiamo il grano con il loglio.
Non voglio giungere ad affermare che si è trattato di “esercitazioni” in vista di ben più importanti concioni, ossia di prove tattiche o comunque le si voglia chiamare, ma la sensazione – già il sospetto necessita di uno straccio di prova – rimane. E lascia la bocca amara osservare il partito delle energie rinnovabili appoggiare quello dei petrolieri, oppure i sostenitori del reddito di cittadinanza finire a braccetto con i banchieri. Ripeto: la cosa sarebbe stata innaturale anche se fosse avvenuto l’inverso, ossia avessero appoggiato un candidato di Renzi.

Quella famosa riunione – trasmessa in streaming – dove i parlamentari (appena eletti) del M5S respinsero orgogliosamente le offerte di Bersani e Letta ci poteva anche stare, anche se condannò il M5S all’isolamento parlamentare, ma che senso hanno i cedimenti di oggi? Sia chiaro: non ho mai sostenuto che nel 2013 il M5S dovesse sostenere il PD, Dio me ne guardi. Ho soltanto sostenuto, e l’ho scritto, che chiedere 3 ministeri (interni, giustizia, economia) in cambio dell’appoggio sarebbe stato più saggio, più “democristiano”. Il PD non avrebbe mai potuto accettare, e dunque ci sarebbe stata una diversa evoluzione politica.
Ma, proprio in fede di quel rifiuto, perché accettare oggi una manciata di lenticchie? Che venga da destra o da sinistra, è uguale.

Io non credo che la Storia si ripeta: al massimo, suggerisce delle analogie. Oggi, forse, siamo allo stallo che fu della Destra e Sinistra Storiche – grosso modo i primi anni del ‘900 – ma nessuno è Crispi o Giolitti, tanto meno Mastella è un sanfedista del terzo millennio.
Il M5S ha accettato la sfida a Roma, la accettò a Parma (pur non essendo preparato a farlo), ma cosa vuole fare, qual è la direzione che vuole scegliere…in altre parole, chi è veramente il M5S?
D’accordo nel contrastare e bocciare il referendum di Renzi, ma in futuro cosa vogliamo (o possiamo) fare? E se non è possibile fare altro, a causa dell’UE o degli USA o d’entrambi, è inutile coltivare delle illusioni agli italiani: meglio dire le cose come stanno.
La verità può essere amara da digerire, ma la menzogna o la reiterata omissione sono sì amare, ma anche velenose.

1) Vedi: http://www.repubblica.it/static/speciale/2016/elezioni/comunali/savona.html?refresh_cens

17 giugno 2016

Un dramma shakespeariano in piena regola








Avete discusso, litigato, vi siete scontrati/affratellati con passione per Brexit? Bene! Spero che, almeno, la lunga diatriba sia servita per chiarirvi le idee, per approfondirne i significati in termini di geopolitica e diplomazia internazionale…per il resto, ci hanno pensato loro, i soliti.
Ora, Brexit avrà un esito scontato, poiché il messaggio è partito in modo quasi subliminale, coperto da significati semplici da comprendere, ma difficilissimi da interpretare per una persona digiuna di psicologia,  sociologia e poco attenta ai movimenti strategici internazionali.
Perché?
Poiché la trama è stata scelta dal grande William in persona: si è trattato, poi, semplicemente di eseguirla. Veniamo all’anamnesi della situazione.

L’assassino
Viene scelto in modo che la sua storia sia la più semplice possibile: un drop-out in piena regola, incapace di pensiero razionale per più di tre secondi, con pochi neuroni ancora in circolo. Ovviamente, questa è la rappresentazione in scena: non sappiamo se Thomas Mair fosse veramente un povero deficiente in libertà, questo è ciò che devono credere gli elettori. Magari era “sotto osservazione” da anni: poi, bastano pochi input e il “dormiente” si mette in moto. D’altro canto, le tecniche per inserire chips sottocutanei sono oramai molto avanzate, e non ci stupiremmo affatto se fossero state usate anche se, in questo caso, forse non era nemmeno necessario giungere a tanto.
Insomma, il solito prototipo umano pronto a diventare un assassino perché la sua soglia scatta a livelli molto bassi: basta poco, qualche “amico come si deve”, la prospettiva di diventare famoso…e il gioco è fatto. La sua vita, priva di affettività ed amore, ricorda le truppe scelte sovietiche, che venivano tutte dai brefotrofi della sterminata URSS. Tu spoglia un uomo di amore, carezze, affetto, rendilo un res nullius socialmente, ed avrai il prototipo dei vari Lee Oswald, Shiran Shiran…fino ad oggi. Anche il terrorismo orientale si nutre di figli delle banlieu, negli slums dove la prima cosa che impari è a non riconoscere nessuno come “amico” – perché non sai cosa sia l’amicizia! – e se ne servono anche gli eserciti: in quel caso, il plotone diventa la tua casa, la tua disperazione, la tua tomba. Geniale Kubrik, che lo capì e lo spiegò al mondo.
Possiamo abbandonare la vicenda di Thomas Mair, perché la sua parte è terminata: finirà la sua vita in un ospedale psichiatrico, a “botte” di Droperidolo se prova a rialzare una sola palpebra. Il suo compito è terminato: bravo Mair, ci sei servito, adesso vai a farti fottere.

La vittima
Scelta in modo geniale, non potevano far meglio. Non la rampante burocrate, non la donna in carriera, non la donna in politica aggressiva ed arrivista, niente di questo.
Jo Cox, in scena, è salita per poco tempo. Ha occupato – in articulo mortis – sì la parte della parlamentare laburista, ma con a fianco l’icona della giovane madre, felicemente sposata ed anche un poco stravagante, visto che abitava, col marito e coi suoi due bambini, in un barcone ormeggiato sul Tamigi. Confesso che, per questa ultima ragione, la mia simpatia per lei è cresciuta. Ma sono cose personali.

La scenografia
Per l’assassino, una sterminata lista di partecipazioni a partiti e movimenti d’ispirazione nazista e razzista, ricoveri psichiatrici, insomma – non il male assoluto! – ma la malattia incontrollata, il male oscuro, che l’elettore dovrà paragonare, al momento del voto, con il “salto nel buio” di Brexit, mentre – per l’altra metà del cielo, ossia per le donne – quante sapranno resistere al disperato richiamo di una moglie e madre, strappata ai suoi bambini ed all’amato marito dallo stesso male oscuro, che nella cabina elettorale si espanderà, fino a dilagare su tutti gli altri insiemi.
Sentimenti contro follia, sangue innocente contro affetti sicuri…chi potrà resistere?
Il cocktail è fulminante, e chi lo ha predisposto ha analizzato con cura la situazione – uccisa a pochi passi dalla biblioteca che frequentava da ragazza…come a dire, ammazzata sul luogo della sua redenzione – i significati simbolici sono tantissimi ed univoci, corrono tutti nella stessa direzione. Quale?
Ovvio: al momento del voto sarà follia contro stravaganza, menti oscurate contro sentimenti limpidi, la partita non ha più senso. Ogni ragionamento logico, è già scomparso, ingoiato dagli eventi sotto il palco.

Le vittime? Come sempre, William Shakespeare le ammanta di buoni sentimenti, ma le conduce ugualmente alla morte, quasi si trattasse della loro liberazione da un mondo che non li meritava. “Elsinore, ultimo atto”, verrebbe da dire.
E che dire dell’essere stati scippati, ancora una volta, della discussione sulla quale progredire per scegliere? Jo Cox è morta perché nessuno possa pensare con la propria testa, mentre Thomas attenderà la morte con l’ago al braccio, impotente persino a capire cosa è successo. Un grande successo dell'ignoranza,

07 giugno 2016

S’i fosse foco…


Strane e molto interessanti elezioni: nonostante le molteplici e diversificate tiritere, tutti hanno perso. Erano elezioni di sindaci, d’accordo, ma non crederete mica che, chi è andato a votare, lo abbia fatto meditando sul fatto che De Magistris era meglio della Raggi oppure Fassino di Mastella?
La gente si è espressa sulle questioni che interessano: chiami a votare il popolo? Il popolo risponde secondo quello che la sua pancia gli indica, mica una faccia o un partito…per fare il sindaco poi…ed ha pensato ai contratti sempre più a termine, ai voucher, al lavoro che non c’è, alla corruzione che fa incazzare di brutto, quando hai dei figli che non trovano lavoro, e cominci ad aver paura che non lo trovino proprio più, perché è il lavoro ad essersi estinto. Macchine a controllo numerico, computer, catene di montaggio automatizzate…ma se ci fermassimo qui diremmo solo delle banalità.
Due sono le entità che hanno gettato l’occhio sulle elezioni italiane, e che lavoreranno su quei risultati: l’UE e la diplomazia USA, sotto varie forme e con più attori. Sarà piaciuto lo spettacolo? Soddisfatti per il costo del biglietto?

Partiamo dall’UE.
In Europa le elezioni non s’indicono per creare classi dirigenti, bensì si celebrano per osservare chi sa offrire meglio la solita merce avariata, ossia prelievi, tasse, leggi di coercizione europee, nuove tagliole, vecchie gabelle rimodernate, soluzioni “avveniristiche” che fanno ridere. E sempre maggior sudditanza a Bruxelles, sia chiaro: questo è l’unico obiettivo, che tutto comprende.
Ne sono chiari esempi la “regolarizzazione” delle elezioni austriache, laddove il risultato non era soddisfacente, oppure la “trovata” di vendere a pezzi la Grecia, visto che tutta intera dà più problemi che proventi.
Saranno rimasti soddisfatti a Bruxelles, a Francoforte, a Strasburgo? Ne dubitiamo.

E’ vero che “tutto s’aggiusta” sempre, ma c’è sempre un prezzo da pagare ed il prezzo, verosimilmente, deve essere il più basso possibile (in termini politici) e ben organizzato e venduto (in termini mediatici). E’ vero che hanno la forza per imporlo, ma schierare a difesa dell’UE i Lancieri di Montebello con i loro blindati in una Roma assediata è una prospettiva che fa rizzare i capelli anche a lor signori.
Vediamo alcuni dati statistici.

Nel 2000, prima dell’introduzione dell’euro, la fiducia degli italiani nell’impianto europeo era del 57%, un dato piuttosto alto e “rassicurante”. Nel Marzo del 2014 era crollato al 29%: una bella débacle, oggi sarà ancora sceso, non ci sono elementi per affermare che sia migliorato.
La “popolarità” dell’UE in Italia si può riassumere in questo modo: 29% di fiducia, 27% di sfiducia e, nel mezzo, un 44% di “sfiducia da depressione”, ossia gente che non ci crede più, ma che ha paura che staccare la spina dell’euro sia ancora peggio.
Se l’obiettivo europeo è la rassicurazione, queste elezioni non hanno fornito un buon viatico: il PD, il più compatto partito europeista, ci ha mollato di brutto. Non è catastroficamente crollato, ma il trend conduce, se non proprio all’estinzione, ad un ruolo negletto e marginale.
Forza Italia e la Lega sono partiti, sull’europeismo, “a geometria variabile”: negli anni sono stati su entrambe le sponde, con un’altalena di posizioni entusiaste e dissacranti. Il loro elettorato è ancor più variabile sul tema, e meno controllabile di quello del “fido” PD. Gli altri, i “minori”, son lì solo per figura e danno ancor minore affidamento.
Rimane l’incognita 5 Stelle.

Il M5S ha dato sì alcune indicazioni anti-europeiste, ma non ha mai preso posizioni chiare sull’euro e, soprattutto, su cosa fare se l’Italia decidesse d’uscirne. Questo lascia uno spazio di manovra alle burocrazie europee: in ogni modo, a meno di giocarsi il M5S in pochissimi anni, l’UE dovrebbe – almeno formalmente – dare qualche indirizzo politico/economico difforme dall’attuale, e quel “formalmente”, per molti, sembra già troppo. E’ un problema, a ben vedere, che tocca metà dell’UE, quella meridionale, e l’obiettivo delle economie del Nord è proprio quello di non concedere nulla agli odiati PIIGS.

Di conseguenza, tutto ciò che possiamo aspettarci è che premeranno ancor più sul PD – se ci sarà qualche spicciolo da investire, meglio in mano al PD che al M5S – ma chiederanno al PD qualcosa in cambio, la testa di Renzi ad esempio, e la restaurazione della “vecchia guardia” dei D’Alema, Bersani & Co. Il fondo del barile non contiene altro: dovranno accontentarsi.
E gli USA?

La questione USA presenta delle differenze: agli americani interessa di più la geopolitica, soprattutto Africa ed Asia, ed usano mezzi più spregiudicati per raggiungere i loro obiettivi. Anche per gli americani Renzi è a un bivio: o s’adatta a gestire in prima persona la guerra in conto terzi per la Libia, oppure torna a Firenze a gestire la fondazione per la Vera Bistecca Fiorentina. Maremma impallinata.

La simpatia della diplomazia USA per il M5S non è un mistero: gli americani guardano con favore verso chi parla di rinnovamento, d’innovazione, questo sì…però…per prima cosa gli USA sono in un anno elettorale, di conseguenza fino al 2017 non si muoverà foglia che Washington non voglia.
Sempre che la questione libica non s’aggravi (ossia scendano i quantitativi di greggio) e, proprio per questa ragione, potrebbero puntare anch’essi su un ribaltone interno al PD, onde portare al potere gente più fidata ed affidabile. Sarebbe un’operazione di scarso rilievo, che si può fare anche sotto elezioni: e poi, a Renzi non dispiacerebbe la fondazione per la Bistecca, la gestirebbe insieme alla Boschi in santa pace. Maremma copulata.

Gli scenari futuri potrebbero ancora cambiare – un M5S al potere, per gli USA, lo si addomestica con un attentato…e che ci vuole? – ma, per ora, non vedrei altro.

Certo, Renzi pensa ad un commissariamento, ad una “strigliatina” nel partito…ma, caro, piccolo Renzino, non ti sei accorto che i giochi sono più grandi, e non hai fatto bella figura con ‘ste elezioni…molti non hanno gradito il risultato, vogliono la restituzione del biglietto…che devi fare?
Ma nulla! Faranno tutto loro, tranquillo. A te…resterà da urlare Maremma inchiappettata! Eh, Renzino, oneri ed onori…by, by…