27 ottobre 2017

Questa sera ho provato un brivido

Che strana giornata. Apri il notiziario e ti raccontano due cose: che la Catalogna s’è dichiarata indipendente e che la Corte Europea ha condannato l’Italia per i fatti del G8 di Genova. Cos’è comico e cos’è tragico? Niente, non c’è nulla di tragicomico nelle due notizie, perché – per entrambe – non riusciamo a cogliere la vera portata: non cosa “ci sta dietro” – perché dietro non c’è proprio niente – ma cosa ci sta attorno. E’ dagli attributi che si definisce una realtà, non dalla sua enunciazione.
Questa sera, in tutti gli edifici pubblici di Barcellona, la bandiera spagnola è stata ammainata ed è stata sostituita dal classico stendardo catalano. E’ una questione seria, ma non perché la vicenda della separazione sia seria, perché – a differenza degli italiani – gli spagnoli sono gente seria, serissima.

Spesso pensiamo di trovare negli spagnoli una “sponda” che ci faccia sentire “d’essere a casa” perché siamo due popoli fratelli, in qualche modo cugini, con lo stesso sangue. Niente di più falso. Pensiamo agli spagnoli come agli “amiconi” di sempre perché più simpatici dei boriosi francesi o dei malinconici lusitani, e non parliamo dei greci – “una faccia, una razza” – quando non c’è proprio nulla che avvicini due vicini così distanti.
Con gli spagnoli cadiamo in un tranello linguistico: è vero, in qualsiasi luogo della Spagna, parlando lentamente ed aiutandosi con la gestualità, alla fine si riesce a farsi capire. Ma tutto finisce lì.
Storicamente, siamo agli antipodi.

Noi, nazione giovane, preda per secoli di tutte le case regnanti europee, abbiamo finito con l’imparare ad usare la nostra debolezza, a farla diventare una minima forza. Pensate alla Napoli del ’44, od a Totò che cerca di vendere la fontana di Trevi a due ignari turisti.

Loro, alle prese con un impero che andava dalle Filippine a Madrid – perduto, vero – ma la mentalità imperiale li ha nutriti per quasi cinque secoli, cinque secoli durante i quali noi stavamo proni al cospetto di un viceré od un governatore, spagnolo, francese od austriaco che fosse.

E voi, credete che le parole di Rajoy siano acqua, pronte a lisciare le pietre sotto il ponte? Immaginate che ci sarà qualche “patto” della crostata o della pagliata, della polenta o della salsiccia che metterà tutto a posto?
Signori, non siamo in Italia, rammentatelo.

Nella stessa giornata, da noi, un movimento che nacque trent’anni fa con l’obiettivo di liberare il Nord dalla (a loro dire) sanguisuga romana, ha deciso di cancellare la parola “Nord” dal simbolo. Sarà semplicemente “Lega”: non si sa di che cosa e perché (Renzusconi lo sa, ovvio) ma state certi: per il popolo di Pontida, per quelli che si nutrono di corna celtiche e d’altre, simili facezie, sarà sempre il Verbo. Anzi, il SalVerbo.

Sempre oggi, una Corte Europea ha sanzionato che imprigionare le persone, farle denudare per poi fare loro gridare “Viva il Duce, viva il Fascismo!” è una cosa che non va, non va proprio bene. E, soprattutto, una certa caserma Diaz è in contrapposizione con un certo codicillo chiamato “Habeas Corpus” di matrice anglosassone (certo: anche loro l’hanno scordato) che data al XII secolo.
Ciò conferma che la regia di quella operazione fu nelle mani dell’allora ministro dell’interno, un certo Fini, divenuto fascista perché all’uscita del cinema assistette ad una rissa fra “rossi e neri” e si sentì dalla parte dei neri (sue parole).
Un certo Fini poi trasmigrato fra i palazzinari di mezza tacca, uno che s’è venduto l’appartamento del partito alla gentil nuova consorte, passando attraverso la mediazione di un mafioso dei Caraibi. Sembra la trama di un film poliziesco/comico, un film alla Thomas Milian, che rideva di se stesso (lui, grande latinista!) prestando la sua faccia per tinteggiare il peggio del poliziotto “de no antri”, quasi volesse fare il verso al grande Alberto Sordi.

Ora, signori miei, io non so se si arriverà ai carri armati, ma so soltanto una cosa: dipenderà dai catalani, non dagli abitanti di “Castilla y Léon”, perché se una regola è una regola, per uno spagnolo è legge, per un italiano è una pinzillacchera da fottere, o da rimaner fottuti, ma sempre nell’ottica di Flajano “la situazione è tragica, ma non è seria”. Purtroppo (o per fortuna) uno spagnolo non potrà mai comprendere Flajano.

1 commento:

Unknown ha detto...

Flajano un grande;Rajoy un piccolo burocrate; la conseguenza,però, può essere una tragedia.
Ciao
Doc